Campi per i bimbi mai nati in ogni cimitero della città

L'emendamento verrà discusso a breve in aula Tiso: «Una lapide su cui piangere è un diritto»

Maria SorbiMai nessuna donna dopo un aborto (né spontaneo né voluto), parlerà mai di «materiale abortivo», come invece è scritto nella legge. Non pronuncerà mai nemmeno la parola feto. Parlerà di bambino. Un bambino mai nato. E magari un giorno sentirà il bisogno di piangere la sua perdita anche se mai lo ha stretto fra le braccia. Per rispettare il diritto di ogni donna di appoggiare un fiore su una lapide, il nuovo piano regolatore dei cimiteri, in discussione a Palazzo Marino in una delle prossime sedute del Consiglio comunale (bilancio permettendo), prevede di allestire un'area dedicata ai bambini mai nati in ogni cimitero. Per ora c'è a Lambrate e in una parte del cimitero Maggiore. L'intenzione è quella di realizzarne una anche ai campi santi del Monumentale, Greco, Chiaravalle, Bruzzano e Baggio. A chiederlo con un emendamento è Matteo Forte, consigliere del Polo dei Milanesi, che ha già ottenuto l'appoggio del centrodestra. «Le donne che hanno vissuto l'esperienza dell'aborto - spiega Forte - devono avere diritto a una degna sepoltura per quello che viene semplicemente definito materiale abortivo». Tanto più che la delibera sui cimiteri prevede anche una sepoltura, all'interno dei cimiteri, per gli animali domestici. A confermare l'esigenza sociale di un luogo per piangere i bambini mai nati è lo stesso Basilio Tiso, direttore della clinica Mangiagalli. Lui e il suo staff hanno a che fare con una media di 1.500 aborti ogni anno e sanno perfettamente lo stato psicologico delle mamme mancate. «Mi è anche capitato - racconta Tiso - di veder arrivare donne che magari avevano abortito da noi tanti anni prima. Chiedono di sapere dove è il bambino che non hanno voluto o che hanno perso. Sentono il bisogno di una lapide su cui piangere. Il loro dolore va rispettato, così come è stata rispettata la loro scelta di abortire. Nessuna donna abortisce mai a cuor leggero». Ad oggi, dopo l'aborto, i feti vengono raccolti giorno per giorno in piccole scatole che poi vengono consegnate al Comune e cremate. Le ceneri vengono sepolte per lo più a Lambrate, in un campo comune. Non ci sono lapidi, non ci sono nomi. Ma c'è solo un numero: è il codice della cartella clinica, giusto per dare un riferimento a chi, magari dopo 20 anni, vuole risalire al luogo in cui sono sepolte le ceneri. Tutto nel più completo anonimato. Un tempo il «materiale abortivo» veniva gettato in un inceneritore assieme ai rifiuti speciali dell'ospedale. Ora lo staff medico ha l'obbligo di avvisare la paziente che può sepellire il bimbo o può delegare la cremazione all'ospedale (e quindi al Comune).

Solo in pochi casi le famiglie decidono di provvedere alla sepoltura da sé (secondo la legge è possibile farlo per gli aborti successivi alla 28esima settimana, quando il feto diventa bambino e si può iscrivere all'anagrafe). Ora a Milano si vuole creare un luogo per rendere più delicata la gestione del dolore della perdita

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