Cronaca locale

«Per capire la cultura di un nuovo Paese guardo la sua cucina»

L'ad Heineken racconta l'arrivo a Milano «Ho portato tutti a cena, il ghiaccio s'è rotto»

Andrea Radic

«Se vuoi capire la cultura di un Paese guarda alla sua cucina». Soren Hag è in Italia e a Milano da 18 mesi dopo aver vissuto e lavorato in Inghilterra, Olanda, Francia e Stati Uniti. Nato in Danimarca è un manager globale che ama il nostro Paese e la nostra città dove è arrivato come amministratore delegato di Heineken che in Italia occupa oltre 3mila persone in quattro birrifici ed è leader del mercato della birra con una quota intorno al 30 per cento.

Milano è la nuova capitale italiana del food?

«La città sta vivendo un momento molto dinamico in diversi settori, uno di questi è il food. Dopo Expo c'è nuova energia, innovazione, nuove idee, davvero un una fase unica».

Cosa si dice all'estero di Milano?

«Spesso ne parlo con amici e colleghi di altri Paesi e tutti notiamo qualcosa di veramente interessante. L'Italia è il Paese del buon cibo, riconosciuto in tutto il mondo e Milano ne è la capitale».

Solo un effetto Expo?

«Non è un fuoco di paglia».

Quali sono i suoi indirizzi del gusto a Milano?

«Milano ha tutto e questa è una delle qualità che apprezzo: cucina, bar, esperienza della tradizione. Qui si può trovare la cucina più moderna, i bar più trendy, è un vero piacere vivere in questa città, un'opportunità particolare da cogliere ogni giorno».

Soren Hag, che rapporto ha lei con il cibo?

«Sono uno sportivo, corro e vado in bicicletta, quindi mangio di tutto con grande curiosità, ma con equilibrio. Mai mangiare troppo, ma il giusto di tutto».

Cos'è il giusto?

«La cucina di una nazione è riflesso della sua cultura e questo è uno dei motivi per cui è sempre una bella esperienza. Arrivare in un Paese e sperimentare la cucina significa fare conoscenza con la regione e il territorio».

E l'Italia?

«La cucina italiana è come il Paese, ogni area ha la propria. Viaggio molto, ogni settimana una città diversa e ogni volta è una nuova opportunità».

Il sapore dell'infanzia?

«Le fragole fresche, durano solo tre o quattro settimane e vanno raccolte e mangiate subito. Ho sempre avuto amore per il cibo, sono nato e cresciuto in Danimarca dove c'è grande tradizione, nella mia famiglia la cucina ha avuto un ruolo molto importante».

Perché?

«Mia mamma ha una grande passione, in Danimarca come in Italia, c'è voglia di trovare buone materie prime e le famiglie, al sabato, vanno a cercare gli ingredienti giusti, di stagione che da noi sono più brevi».

Il profumo che ama in cucina?

«Un pezzetto di burro in padella mi attira oggi come quando ero bambino, nella cucina danese è un ingrediente chiave. Qualcuno lo considera grasso, io credo invece che sia un ottimo ingrediente per un grande piatto. In ogni città della Danimarca c'è un particolare burro, è la passione nazionale».

Ai fornelli o a tavola?

«Mi piace cucinare, molto. A mia moglie assolutamente no, quindi è fortunata. Purtroppo viaggio e lavoro molto, quindi non posso dedicare il tempo che vorrei. Quando avrò più tempo cucinerò di più: per la mia famiglia e per gli amici».

Cucinare è un atto d'amore.

«Sì, anche molto sociale e quando cucino parlo con i miei figli perché conoscano le origini del cibo, quali sono gli effetti dei vari ingredienti».

È importante parlare di cibo ai bambini?

«Oggi i bambini stanno perdendo questo sapere che, invece, va conservato e insegnato. Dobbiamo sviluppare in loro il concetto della sana alimentazione che si apprende a partire dalla famiglia».

Il suo piatto forte?

«Salmone fresco alla maniera danese con erbe e funghi. E per i miei figli Alex e Markus, sei e dieci anni, piatti italiani a cominciare dalla pasta fresca».

Cosa non smetterebbe mai di mangiare?

«Pesce crudo, un grande amore. Fresco e crudo: è pesce ma è anche mare, sono stato un bambino del mare».

Il pranzo o la cena che non dimenticherà mai?

«I momenti più importanti sono sempre quelli con famiglia e amici. Come quest'estate, al mare in Danimarca: tempo bello, una giornata in barca e per cena pesce fresco a casa con tanti amici e le nostre famiglie».

Una visone molto tradizionale.

«I ricordi più preziosi sono buon cibo, belle persone e luoghi belli. Il meglio che si possa avere».

Torniamo in Italia.

«Dell'Italia amo il fatto che si investa del tempo per mangiare insieme e parlare».

Negli altri posti non si fa?

«Negli Stati Uniti o in Inghilterra non è così. È un fatto culturale. Ricordo con piacere anche la prima cena con il nuovo team Heineken Italia a Torino, una bella serata ricca di atmosfera, il primo momento di relax dopo una giornata impegnativa».

Perché?

«Eravamo persone che mangiavano e chiacchieravano, il cibo rompe le barriere formali. Il miglior modo di iniziare».

La birra è amore, lavoro o piacere?

«Per me è una grande passione personale, vengo da una cultura dove la birra ha un ruolo importante».

E quindi?

«Una buona birra è una tradizione incredibile e mi affascina il processo produttivo, naturale al cento per cento. Un mondo così ricco di passioni. A livello personale trovare nuovi sapori e nuovi gusti è un piacere, ma è anche il mio lavoro e questo fa una grande differenza».

La regione o la città che per lei sono sinonimo di buona cucina?

«In realtà sono tutte cucine incredibili, difficile stilare una classifica: si trovano sempre nuove sensazioni ed esperienze, impossibile scegliere».

A Milano?

«A Milano trovi la ricca tradizione come l'innovazione. In Puglia ho provato muscoli come le cozze pelose, particolari e freschissimi davvero una esperienza wow».

Il suo luogo del cuore?

«Dove c'è la mia famiglia».

La cena romantica è un'arma vincente?

«Ovviamente sì al cento per cento, la cucina è un'emozione da condividere».

Un ricordo?

«La prima sera che invitai mia moglie Carol fu a cena, in Francia, studiavamo a Fontainebleau e andammo in un piccolo ristorantino locale, un pesce al sale fu il nostro inizio».

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