Dalla stangata all'assoluzione: gli ultrà milanesi della Juventus secondo la Corte d'appello non hanno mai taglieggiato il club per ottenere a condizione di favore i biglietti per le partite del club bianconero. La lunga indagine della Digos che aveva scavato sui rapporti sotterranei tra vertici juventini e tifoseria organizzata - rapporti segnati da collusioni storiche e da rotture recenti, conditi da sentori di malavita organizzata - va a sbattere contro la sentenza che ieri annulla «perchè il fatto non sussiste» le severe condanne inflitte dal tribunale oltre due anni fa allo stato maggiore della colonia ambrosiana della curva juventina: Loris Grancini e Cristian Mauriello capi dei «Viking» e Cristian Fasoli del «Nucleo» si erano visti giudicare colpevoli di estorsione e rifilare pene (cinque anni per Grancini e Mauriello, quattro per Fasoli) che erano andate aldilà anche delle richieste della accusa.
Al centro dell'indagine, una serie di pretese avanzate dagli ultrà in occasione di Juventus-Real Madrid di Champions League e di Juventus-Crotone del 2017, partita accorsata perchè quel giorno all'Allianz Stadium i bianconeri festeggiavano la vittoria del 33esimo scudetto. Per ottenere i biglietti da rivendere agli ultrà, i tre capicurva avrebbero pesantemente minacciato il titolare dell'agenzia che gestiva su Milano la biglietteria del club, la Easy Events, arrivando a presentarsi in ufficio a dire «bello qui, chissà come brucia bene».
Per i leader, ha accertato l'indagine, il tifo è d'altronde un lavoro vero e proprio, e anche ben retribuito: Grancini riusciva a incamerare uno «stipendio» da cinquemila euro al mese. Un ruolo reso possibile dai buoni rapporti con il club fino a quando la dirigenza juventina non si ribella allo strapotere dei clan e i suoi manager -tra cui Alberto Pairetto, responsabile dei rapporti con i tifosi - diventano testimoni d'accusa nel processo ai tre ultrà.
Nel corso del processo d'appello, i difensori Luca Ricci e Marco Ventura, hanno lavorato ai fianchi l'impianto accusatorio: cercando di ricondurre le trattative con i biglietti al normale rapporto tra squadre di calcio e il mondo del tifo organizzato, spiegando che nessun vantaggio economico sarebbe comunque venuto ai capi dalla consegna dei biglietti, che venivano ceduti poi ai «militanti» senza ricarico, e contestando in blocco le testimonianze del titolare della Easy Events sulle presunte minacce: peraltro quando l'imprenditore dopo avere sporto denuncia viene microfonato dalla Digos e va a incontrare Mauriello, dal dialogo registrato non emerge alcuna minaccia.
Nell'udienza di ieri, la stessa Procura generale aveva chiesto che le accuse venissero ridimensionate. La Corte d'appello (terza sezione, presidente Elsa Gazzaniga) è andata oltre, e ha assolto i tre con formula piena.Grancini intanto sta finendo di scontare ai domiciliari una pena per tentato omicidio.
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