Causò la morte di un tassista Ora rischia 13 anni di carcere

Chiesta la condanna senza attenuanti per l'uomo che colpì Alfredo Famoso La Procura: «Fatti molto gravi commessi solo per una mancata precedenza»

Causò la morte di un tassista Ora rischia 13 anni di carcere

Davide Guglielmo Righi non voleva uccidere Alfredo Famoso, ma è stata la sua aggressione, volontaria, a provocare la morte del tassista 68enne. Quella domenica sera il consulente informatico Righi gli ha scagliato le bottiglie in faccia fin da subito, ferendolo all'occhio e facendolo cadere a terra. Provocando, così, l'urto che poi è stato letale per l'uomo, morto dopo due giorni di coma. È questa la ricostruzione del pm Maria Teresa Latella che ieri ha chiesto ai giudici della prima Corte d'Assise una condanna a 13 anni per omicidio preterintenzionale nei confronti di Davide Righi, che il 23 febbraio scorso ha ucciso Famoso in via Morgagni.

Dieci anni per l'omicidio, altri tre per l'aggravante dei futili motivi, perché tutto nasce da una banale questione di viabilità: Righi e la sua compagna che stanno per attraversare la strada sulle strisce pedonali, di ritorno dalla spesa al supermercato, il tassista che si ferma, inchiodando all'ultimo secondo l'imputato, frenando normalmente secondo l'accusa. È da qui in poi che le due versioni diventano discordanti in tutto: quella di Righi, ripetuta ieri in aula, è che il tassista sia sceso dalla sua auto subito dopo, con aria minacciosa. «Dissi alla mia compagna, che era incinta, “adesso ci spara“, dopo che per poco non ci aveva investito», ha ammesso Righi, raccontando di aver alzato il braccio sinistro per tenerlo lontano, di essere stato strattonato da Famoso al braccio destro, quello in cui teneva la confezione con le bottiglie d'acqua (due, secondo l'imputato, quattro secondo altri testimoni) e di averlo colpito con queste al volto per il contraccolpo. Inavvertitamente, quando la vittima ha mollato la presa sul braccio. Per il pm Latella invece non c'è stata alcuno scontro fisico prima, il taxi è passato a velocità normale, è stato Righi ad andare verso il conducente e tirargli in faccia le bottiglie. Da solo. Poi, ha proseguito la pm nella requisitoria, «si è reso irreperibile», non c'è stata da parte sua nemmeno la volontà di accertarsi delle condizioni della vittima, perché «si è allontanato quando l'ambulanza che ha soccorso Famoso era ancora sul posto».

«Avevo il cellulare scarico, la mia compagna era scossa ed essendo gravida aveva bisogno di stendersi: sono andato con lei a casa, ho messo subito in carica il telefono ma ci ha messo un po' a riaccendersi», si è difeso lui. Del cellulare prenderanno poi possesso le forze dell'ordine il giorno successivo, dopo che quella domenica sera Righi, la sua compagna, il fratello e la madre di lei sono andati a mangiare una pizza vicino casa, sempre in quella zona. Righi in aula ha sostenuto di non essersi accorto che Famoso fosse «in così gravi condizioni», e di essere tornato sul posto «solo un'ora e mezzo dopo perché prima erano andati già mia suocera e il fratello di Francesca (la sua compagna, ndr ) e perché comunque avevo lasciato il mio numero di telefono ad altri che erano lì, «chiedendo di avvisarmi in caso di bisogno».

La pm Latella non riconosce nessuna attenuante, né la provocazione né quelle generiche, rimarca invece i precedenti dell'imputato: furto, violenza privata (nei confronti della sua compagna) e molestie, commessi nel 2006.

Twitter @giulianadevivo

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