Il Cenacolo va a Brera E questa volta la Lega tuona contro il ministro

Dopo il decreto sui Beni culturali, l'assessore regionale Galli accusa: «Decisioni dirigiste»

Il Cenacolo va a Brera E questa volta la Lega tuona contro il ministro

Ora che il decreto ministeriale è ufficiale rendendo completa la riforma Bonisoli, il mondo della cultura (e quello della politica) è più spaccato di prima. Per molti, il via libera a sorpresa del ministro a una «grandissima Brera» che includerà anche il Cenacolo pare il risveglio da un terribile incubo: quello di un addio anticipato del direttore della Pinacoteca James Bradburne, dimezzato nei poteri e privato di Palazzo Citterio, anello strategico del futuro Brera Modern. Per altri invece, l'estate pirotecnica del ministro culminata nella riforma è stata una mazzata mortale al percorso di autonomia che ha rilanciato in questi anni i grandi musei italiani, e che rappresenta anche uno dei cardini dell'attuale governo. In trincea su questo fronte tuona Stefano Bruno Galli, assessore regionale all'Autonomia e alla Cultura, secondo cui l'operazione di Bonisoli va contromano rispetto al cambiamento, secondo un piano «dirigista e centralista». A scatenare l'assessore leghista è stata soprattutto la decisione di spostare sotto l'egida di Brera L'Ultima Cena di Leonardo, fiore all'occhiello del sistema culturale regionale fino ad oggi sotto la responsabilità del Polo Museale della Lombardia. Uno scippo bell'e buono, secondo Galli, che attacca il ministro: «Decisioni senza senso, perchè l'unica strada da perseguire è la regionalizzazione delle politiche di valorizzazione dei beni culturali, sopprimendo le sovrintendenze, catafalchi che risalgono agli anni Trenta». Galli, in particolare, rimarca il fatto che la riforma sia stata varata «senza un dialogo e senza un confronto con gli enti territoriali». Considerazioni più che legittime, considerato l'impianto dell'intera riforma pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale l'8 agosto scorso, ma oggi che suonano fuori tempo massimo. La domanda vera sarebbe infatti: poteva, o meglio doveva, la Lega al governo opporsi a una manovra «centralista e dirigista», e arginare i danni ad un settore strategico come i Beni Culturali? È intervenuta la Lega paladina delle autonomie quando il direttore della Pinacoteca milanese protestava contro le manovre ministeriali che rischiavano di vanificare i risultati conseguiti proprio grazie a quella semi-autonomia dei grandi musei sancita dalla riforma Franceschini? «La resistenza c'è stata eccome - dice Galli al Giornale - tanto che, forse per la prima volta nella storia della Repubblica, un sottosegretario (la leghista Lucia Borgonzoni) ha chiesto al suo ministro di riferimento di ritirare il testo di un disegno di legge. Io stesso ho guidato una delegazione dal ministro per pretendere una concertazione sui decreti attuativi. Purtroppo ci troviamo di fronte a un ministro che da una parte finge di negoziare e dall'altra sotterraneamente incardina disegni di legge sciagurati come quello sul Mibac o come quello delega per la revisione del codice dello spettacolo». Sulla decisione di accorpare Brera con il Cenacolo vinciano, Galli ha le idee molto chiare: «Si tratta di un'iniziativa politica di facciata, perchè in questo modo punta a superare un milione di visitatori che è il numero che dovrebbe fare, da sola, una Pinacoteca del livello di Brera. Diverso sarebbe stato creare un polo gestito da una Fondazione di cui facessero parte, oltre al ministero, Regione e Comune». Vero è che, almeno per Milano, lo scenario diventa ora interessante per almeno due motivi.

Il primo riguarda il via libera del ministro a nuovi lavori a palazzo Citterio, decisione che accoglie le istanze di Bradburne contro le tesi sostenute dalla sovrintendente Ranaldi. Appare a questo punto anche probabile la riconferma del direttore in scadenza di contratto, artefice della rinascita di un museo che, solo a Ferragosto, ha registrato 4.600 visitatori.

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