Certosa aperta alle nozze e mezza chiusa alle visite

Il gioiello di Pavia diventa una location per matrimoni da 5mila euro a cerimonia Però non è ancora pronto per l'Expo: impossibile entrare dalle ore 11 alle 14.30

«La certosa più bella del mondo». Probabile. Ma non certo la più facile da visitare. Anche per il gioiello del rinascimento lombardo, a metà strada fra Milano e Pavia, vale la regola che con poche eccezioni penalizza l'enorme patrimonio artistico italiano: valore inestimabile, valorizzazione da rivedere. E questo nonostante l'annuncio arrivato due giorni fa dal Comune, che ha deciso di concedere il piazzale del monastero come «location» per i matrimoni civili, alla cifra di 5mila euro (che si abbassano a 1.500 se al posto dell'abbazia si sceglie come sfondo una cascina). Trovata degli amministratori per compensare la cronica carenza di fondi. Comunque sul valore della Certosa ci sono poche discussioni: l'ambizione di Gian Galeazzo Visconti, che intendeva costruire un mausoleo di famiglia che fosse davvero unico per bellezza e grandiosità, è stata probabilmente soddisfatta da quando (la pietra fondativa è del 1396) il signore di Milano affidò a un piccolo esercito di architetti e ingegneri, scultori, pittori e artisti il progetto di un edificio da dedicare alla Madonna delle Grazie e da costruire alla fine dell'area verde che, dal Castello di Pavia (residenza di famiglia) correva per alcuni chilometri lungo boschi e terreni di caccia in direzione della capitale.

L'orgoglio con cui i lombardi guardano alla Certosa non ha però contribuito ad abbattere quello che obiettivamente è un ostacolo alla fruizione di questo gioiello. È chiaro che il luogo resta prevalentemente dedicato allo spirito (e all'anima per chi crede), ospita funzioni e ordini religiosi che richiedono il giusto rispetto e silenzio. E non può (non deve) diventare una giostra di merchandising e chioschi di panini. Resta però un problema l'orario di apertura. Sul sito del Comune di Certosa di legge che il monumento è aperto tutto l'anno da martedì a domenica (lunedì chiuso) ma anche nei giorni d'apertura l'accessibilità è alquanto limitata: al mattino si entra sempre alle 9 ma solo per due ore-due ore e mezza (fino alle 11-11.30). Nel pomeriggio si riapre tutto l'anno alle 14.30 e lo stop arriva in un orario variabile (alle 16.30 d'inverno, alle 18 d'estate, in autunno e primavera dalle 17 alle 17.30). Il problema dunque è questa fascia oraria di chiusura che dura tre ore-tre ore e mezzo. Un interminabile intervallo di tempo in cui non è raro vedere davanti ai cancelli comitive di turisti delusi e annoiati aspettare il primo pomeriggio.

Il problema, dalle parti di Pavia, è noto è dibattuto da anni. E apparentemente irrisolvibile nel groviglio di competenze e rapporti che si sono instaurati, spesso senza essere codificati, fra gli attori in campo dal giorno in cui, nel 1968, lo Stato ha fatto un passo indietro dalla gestione diretta dell'abbazia, pur restandone proprietario, come è da oltre un secolo. Oggi, a diverso (e spesso incerto) titolo, a dire la loro su questo gioiello si trovano il Demanio, che ne vanta appunto la proprietà, gli enti locali e soprattutto l'ordine dei monaci cistercensi che custodisce la Certosa e cura le visite guidate (apprezzabilissime) senza far pagare un biglietto ma confidando sulla generosità dei visitatori.

Alla vigilia di Expo, questa chiusura appare stridere ancor di più con le previsioni, che parlano di migliaia di turisti in arrivo a Milano (e nei dintorni) un po' da tutto il mondo. Le città lombarde (e non solo) si stanno scervellando per trovare il modo di entrare nel «giro» del turismo Expo. E appare strano che questo «ben di Dio» restì lì, un po' troppo dimenticato.

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