La città delle gang tra rituali, coltelli e voglia di uccidere

I capi delle «pandillas» sono tornati da poco in libertà e ora terrorizzano Milano

Il machete come simbolo, come estensione della propria virilità: c'è anche questo nella cultura delle bande di adolescenti e giovani latinos che infestano i quartieri della periferia milanese. Come dice un veterano delle indagini sulla criminalità, «quello che colpisce, in questi gruppi, è la totale disinvoltura con cui girano armati di coltello, e la facilità con cui lo usano». Un machete aveva in tasca il militante della banda MS13 che la sera di giovedì ha cercato di ammazzare un controllore delle Ferrovie Nord: e la reazione del cittadino medio è stata quasi di incredulità, «ma come, questo andava in giro col machete?». Ebbene, basta andarsi a guardare gli archivi delle cronache per scoprire che appena l'anno scorso, nell'ultima operazione contro le pandillas condotta dalla polizia milanese, commissariato Porta Genova, insieme a pistole e coltelli, a un gruppo di ragazzi bloccati vicino a via San Vittore venne sequestrato proprio un machete.

Se la cavarono con una denuncia a piede libero, che adesso suona quasi beffardamente lieve. Ma d'altronde l'inadeguatezza degli strumenti giudiziari per tenere sotto controllo il dilagare delle bande criminali salvadoregne, ecuadoriane e peruviane è da tempo evidente. Le retate che periodicamente vengono compiute dalla Squadra Mobile e dai commissariati, quasi sempre si traducono in processi con condanne esigue: un po' perché molti degli imputati sono minorenni, e il codice penale con loro è più indulgente; un po' perché i reati commessi dalle bande sono relativamente lievi. Piccole rapine, risse, a volte un po' di spaccio. La spietatezza, la omertà interna, non corrispondono per ora a una capacità criminale elevata: almeno fino a quando il cocktail micidiale di birra e whisky non fa il suo effetto, e dagli zaini saltano fuori i coltelli e i machete per lavare le onte.

«I capi sono usciti tutti di galera e stanno tornando a prendere il controllo delle piazze», raccontava poche settimane fa una «voce» dall'interno dei latinos. Ed è proprio così: dei venticinque arrestati dell'operazione Marenos, condotta nell'ottobre 2013 dal pm Adriano Scudieri con la Squadra Mobile contro l'MS13, la grande parte se l'è cavata con pene intorno ai due anni, scegliendo la strada del rito abbreviato e dello sconto di pena. La crudezza dei dettagli emersi nell'inchiesta - i riti di iniziazione brutali, con i pestaggi per i maschi e gli stupri per le femmine; le rapine; i regolamenti di conti con le bande rivali - non si è tradotta in condanne abbastanza pesanti da tenere a lungo i soldati della banda fuori dalla circolazione. Nelle celle di San Vittore e del Beccaria, capi e gregari sono cresciuti, si sono induriti e incrudeliti. A pena espiata, hanno ripreso il loro posto. Anche Lopez Trivino detto «Peligro», quello che giovedì ha macellato il dipendente di Trenord, era uno di loro.

I capi hanno vent'anni. Ma la truppa è giovane, a volte giovanissima. Molti hanno un genitore solo, a casa il turnover della figura maschile di riferimento è frenetico. Alcol e botte sono spesso l'esempio che ricevono dagli adulti, e che traducono nei rapporti personali. Su Facebook circolano video in cui sono le stesse ragazze a infliggere punizioni a base di frustate alle coetanee colpevoli di avere sgarrato. Una evasione massiccia e fuori controllo dell'obbligo scolastico si traduce in lunghe mattinate di girovagare per strade e giardini, ubriachi e «fumati» già alle undici del mattino. Hanno i loro parchi, le loro strade, le loro discoteche. Quando scendono in metropolitana, armati con le bottiglie di birra svuotate, i vigilanti dell'Atm si chiudono nel gabbiotto e fanno finta di non vedere, per non fare la fine toccata giovedì al capotreno.

Chi in questi anni li ha studiati, spiega che per ora non sono

una emergenza criminale in senso stretto: ma quando gli adolescenti di oggi saranno dei giovani adulti, senza prospettive né desideri di lavoro, militarmente organizzati e abituati a ragionare col coltello, lo diventeranno.

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