Antonio Ruzzo
Milano pedala. Sempre di più e si vede ad occhio. Un po' per necessità, perchè in una città sempre più intasata in bici ci si muove più in fretta, un po' per far quadrare i conti perchè spostarsi su due ruote, in qualunque caso, costa meno e non si devono pagare multe, posteggi o Area c e un po' per filosofia perchè pedalare, ma muoversi in genere, fa bene al cuore e alla mente.
Milano pedala e lo dicono anche i numeri. Negli ultimi anni sono aumentati i ciclisti e sono aumentati vertiginosamente gli utilizzatori del Bike-Mi, il servizio comunale di bici a noleggio che l'anno scorso ha fatto registrare numeri da record: oltre 4 milioni di prelievi che corrispondono a quasi 8 milioni e 200mila chilometri percorsi in un anno, se si considera che in media un utilizzo corrisponde a 2 chilometri. Aumentano gli utilizzi del Bike sharing milanese così come crescono di pari passo i suoi abbonati annuali che, proprio a fine anno, hanno superato i 55mila con un aumento del 24% rispetto al 2015. Sembra quasi una svolta nella mobilità di una città da sempre abituata anche per i piccoli spostamenti ad usare più l'auto che i mezzi pubblici. Ma ogni medaglia ha il suo rovescio. E infatti sono in crescita anche i numeri degli incidenti che vedono coinvolti i ciclisti. Gli ultimi dati diffusi dalla regione Lombardia risalgono a meno di due anni fa e sono cifre dure, difficile da accettare. In bici si muore, in tutta la regione. Nel 2015 i morti sono stati 49, quasi uno alla settimana; nei quattro anni oggetto della ricerca una strage da 223 morti. E la provincia di Milano guida la classifica, con i suoi 58 morti in nome della «mobilità dolce». Cifre drammatiche che si affiancano a quelle nazionali dell'Istat che parlano di 252 morti nel 2015, uno ogni 35 ore e di 45 ciclisti coinvolti ogni giorno in un incidente. Cifre che, dopo la tragica fine di Michele Scarponi travolto da un furgone pochi giorni sulle strade di casa sua Filottrano nelle Marche, tornano prepotentemente di attualità. E Milano con il suo hinterland e le strade della sua provincia sono una delle realtà più a rischio, perchè è alto il numero di ciclisti che quotidianamente si mettono in strada e perchè il i traffico intenso amplifica le probabilità di incidenti. In città il sistema di ciclabili non è completo. Molto si è fatto in questi anni ma molto resta da fare e comunque non sempre le vie protette sono una soluzione perchè la mobilità «promiscua», cioè quella che vede sulla stessa sulla stessa carreggiata veicoli a motorie e bicicletta resta per forza di cose problematica. «Il problema più grande è la velocità- ripeteva qualche mese fa Ercole Giammarco, presidente di Cyclopride storica associazione ciclistica milanese dopo l'ennesimo incidente che aveva visto coinvolto un ciclista- C'è troppa differenza tra la velocità delle auto e quello delle bici e questo è un fattore di altissimo rischio. Al sindaco Sala chiediamo quindi di fissare nuovi limiti di 30 orari in centro o davanti alle scuole e di farli rispettare, ovviamente anche dove già ci sono. Gli chiediamo di ritornare a usare i vigili per presidiare il territorio, di utilizzarli per far rispettare le regole».
Distrazione e velocità, le due cause principali di impatto, le più frequenti in una statistica diffusa pochi giorni fa dalla Fondazione Vinci Autoroutes che ha messo a confronto il comportamento degli automobilisti in 11 Paesi europei: con gli spagnoli, siamo i peggiori. Peggio dei greci, dei polacchi e dei francesi. Guidiamo ma nello stesso tempo telefoniamo, mandiamo messaggi, rispondiamo alle mail, andiamo sempre più veloci di quanto si può, facciamo il «pelo» ai ciclisti.
Un' idea per cercare di rimediare l'ha recentemente proposta il viceministro ai Trasporti Riccardo Nencini presentando una modifica del Codice della Strada: «Una norma che stabilisca che chi sorpassa un ciclista deve distanziarsi da lui almeno di un metro e mezzo- aveva spiegato- ma che punisca anche con la sospensione della patente chi usa smartphone e cellulari alla guida». Ma siamo alle solite. Forse più che nuove norme servirebbe promuovere la cultura del rispetto delle regole che già ci sono sia per chi è al volante di un'auto sia per chi pedala. Servirebbe un po' di buonsenso che disinneschi la stupida guerra che spesso ingaggiano sulle strade automobilisti e ciclisti. Le modifiche di legge non convincono neppure le associazioni dei ciclisti.
«L'obbligo di superare mantenendo una distanza di sicurezza - spiega Alberto Fiorillo, responsabile della mobilità dolce di Legambiente Legambiente - dovrebbe essere una regola di intelligenza, non un obbligo indicato dal Codice...»- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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