Cronaca locale

Collezioni del '900 a Brera Bradburne mette una pezza

Il direttore della Pinacoteca inaugura un allestimento provvisiorio delle raccolte Jesi e Vitali. Con gli sponsor

Francesca Amè

James Bradburne, direttore della Pinacoteca di Brera, da giovane è stato giocatore di scherma. «Ho appreso in pedana la difficile arte dell'attesa», ci ha sussurrato ieri mentre nella sala XV del museo si omaggiava la marchesa Giovanna Sacchetti con la Rosa di Brera, un premio «alla sua generosità che ha reso possibile il ritorno del 900 a Brera». L'occasione è lieta, i sorrisi tirati: si attende che «quer pasticciaccio brutto» di Palazzo Citterio giunga a una soluzione. «Aspettiamo le indicazioni di Roma per rendere il palazzo idoneo a essere un museo del collezionismo milanese», dice. L'attesa a Milano non si passa con le mani in mano: da oggi i visitatori potranno ammirare cento opere novecentesche, ovvero la collezione Jesi e parte della collezione Vitali, destinate insieme ad altre a essere esposte a Palazzo Citterio, nelle sale IX XV e XXIII della Pinacoteca. La soluzione all'empasse burocratico si chiama «deposito visibile»: le opere sono poste in teche di vetro, appese a rastrelliere. Il messaggio è chiaro: si mostrano agli occhi del pubblico, ma non sono «in mostra». È un rammendo (elegante, ben fatto), in attesa che la matassa del pasticciaccio si dipani. 900 in moto è il titolo del progetto e a chi segue le vicende della Grande Brera (l'acquisto di Palazzo Citterio, proprio per ospitare l'arte del Secolo Breve, è datato 1972) scappa da ridere. Le 80 opere della Collezione Emilio e Maria Jesi sono accostate a una ventina della Collezione Lamberto e America Vitali: due coppie di generosi collezionisti meneghini che, insieme ad altri, donarono i loro tesori con la clausola di esporli «a dovere». Se lo meriterebbero: parliamo di tele come Rissa in galleria di Umberto Boccioni o il bozzetto per La città che sale o Madre e figlio di Carlo Carrà. Li troviamo, tra gli altri, in una teca nella sala XV mentre in quella della sala IX spiccano i ritratti di Modigliani e le nature morte di Morandi. Picasso e la sua Testa di Toro, Braque e Mafai, con il bel Silver Dollar Club di Afro animano la sala XXIII, quella del vecchio deposito: lo spazio latita, ogni centimetro va sfruttato con intelligenza. I costi dell'operazione sono stati sostenuti dalla marchesa Sacchetti e tutto questo è stato possibile grazie alla famigerata «autonomia» che la Riforma Franceschini ha conferito ai direttori museali.

L'attuale ministro ai Beni Culturali Alberto Bonisoli, già presidente della Naba di Milano, per ora è il grande assente a Brera. Giunge invece, e non indolore, l'eco della sua bozza di «controriforma», che riaccentrerebbe a Roma buona parte della gestione dei poli museali italiani. «Non commento un bozza: potrebbe cambiare dice Bradburne , ma se così fosse, avrebbe un impatto enorme su tutti noi». Il Consiglio dei Ministri è tenuto ad approvare il testo entro il 30 giugno, nel frattempo la Pinacoteca attende risposte sui cambiamenti, richiesti dal Bradburne, per rendere Palazzo Citterio, da poco restaurato, davvero «a misura di museo» e pronto a ospitare la Modern Brera. Il problema di climatizzazione entro novembre dotrebbe essere risolto, resta l'idea di una scala interna aggiuntiva che Bradburne auspica per rendere più agevole l'accesso al piano nobile. Per la soprintendenza regionale il Palazzo va bene così com'è, dal Mibac tutto tace.

Milano chiama Roma: «Abbiamo i soldi e abbiamo il tempo: l'operazione costrebbe 2 milioni di euro, già nelle nostre casse, e con il via libera del ministero, Palazzo Citterio sarebbe pronto per Natale 2020», conclude Bradburne, il cui mandato scade a fine anno.

Servono nervi saldi: la partita è ancora aperta in pedana.

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