Compie vent'anni l'ateneo nato dall'industria che fu

Ha sfornato talenti della ricerca in scienze ambientali, ecologia, medicina e ha rivoluzionato l'assetto urbano

Compie vent'anni l'ateneo nato dall'industria che fu

Vent'anni a colpi di scienza. Dalle finestre fotovoltaiche, alle cure mediche, ai segreti del clima studiati dall'Antartide alle Maldive. La storia della Bicocca non è solo quella di un quartiere periferico di Milano trasformatosi da decadente a polo d'attrazione, ma anche quella di un centro culturale che ha saputo valorizzare le proprie risorse e il contesto urbano: asili, poli sportivi, incontri divulgativi nelle attività commerciali del quartiere e piazze aperte al pubblico. Tutte realtà in cui la Bicocca ha deciso di agire da protagonista mentre inanellava pubblicazioni di alto livello.

Una storia iniziata negli anni Novanta, quando il ministero dell'Università e della Ricerca Scientifica propose lo sdoppiamento degli atenei con più di 40mila iscritti. Nel 1993 il Comune di Milano indicò l'area di Bicocca, dove dal 1986 l'architetto Vittorio Gregotti stava lavorando al progetto di riqualificazione delle aree ex Pirelli, per l'insediamento del nuovo polo. Cinque anni dopo nasceva la Bicocca come la conosciamo oggi, un ateneo che si estende su 330mila metri quadrati tra Milano e Monza con 32.841 iscritti, 900 tra professori e ricercatori e 70 corsi di studio. Un'università in continua espansione: nel prossimo decennio prevede di allargarsi su ulteriori 110mila metri quadrati, tra Città Studi, altre zone di Milano e in Lombardia.

In questi vent'anni dieci pubblicazioni hanno meglio definito il successo e le caratteristiche di un ateneo appena maggiorenne. La prima compare su Science nel gennaio 2005. È una ricerca di Cesare Corselli sui profondi bacini ipersalini senza ossigeno del mar Mediterraneo che dimostra l'esistenza di alcuni microbi metabolicamente attivi nel Discovery, «uno degli ambienti salini terrestri più estremi conosciuti». A febbraio, la Bicocca è su Nature con uno studio che permette di compiere passi avanti sul funzionamento di alcuni enzimi, un tipo di proteina che aiuta i processi biologici. Maurizio Bruschi e Luca De Gioia, del dipartimento di Biotecnologie e bioscienze, guidano un team verso una scoperta «che aiuterà a guidare la progettazione di nuovi materiali per la produzione o l'assorbimento di idrogeno». Nello stesso anno, Eraldo Paulesu e Giuseppe Vallar di psicologia pubblicano a luglio su Science insieme ad altri colleghi una ricerca sul funzionamento del cervello umano: in particolare si concentrano sui pazienti convinti di poter muovere arti paralizzati, chiarendo le basi neurali di questi aspetti della coscienza. È solo l'inizio di un cammino che manterrà le ricerche sull'ambiente, sui materiali e sulla medicina un'attenzione particolare.

E per ambiente si intende tutto, compreso quello intorno alla terra: nel giugno 2007 Monica Colpi del Dipartimento di Fisica è su Science con un gruppo di scienziati per spiegare alcune caratteristiche del comportamento dei buchi neri nel processo di formazione delle galassie. A luglio Andrea Biondi e Maria Grazia Valsecchi, con un team internazionale di colleghi, escono su Lancet con uno studio su un trattamento per bambini di meno di un anno affetti da leucemia.

Nell'aprile 2008 sono Valter Maggi e Barbara Delmonte, di Scienza dell'ambiente e della terra, a presentare con alcuni colleghi su Nature una ricostruzione ad alta risoluzione delle variazioni di polveri atmosferiche trasportate dai venti sulla calotta antartica nelle ultime fasi glaciali. Una ricerca sviluppata presso la base italo-francese Concordia analizzando la carota di ghiaccio EPICA-Dome C. Nello stesso anno il progetto Epica vince il premio Cartesio delll'Ue.

Nel gennaio 2009 esce sul New England Journal of Medicine uno studio al quale partecipano Maria Grazia Valsecchi e Stefania Galimberti su una terapia genetica per curare l'immunodeficienza. Sei mesi dopo è Francesca Granucci, del dipartimento di Biotecnologie e Bioscienze, a pubblicare su Nature altri passi avanti sulla conoscenza del sistema immunitario.

Ci vuole un salto fino al 2012 per vedere alla ribalta gli studiosi di materiali, una delle anime della Bicocca, stavolta rappresentata da Leonida Miglio, Roberto Bergamaschini e Anna Marzegalli, che ottengono la copertina di Science per parlare di cristalli micrometrici e di semiconduttori ad alta perfezione. E replicano tra il 2014 e il 2017 con tre articoli su Nature con Francesco Meinardi e Sergio Brovelli che scoprono come trasformare ogni finestra in un pannello solare. Grazie a nanoparticelle, inglobate su lastre di plastica semitrasparente, chiamate concentratori solari luminescenti, è possibile contribuire a migliorare l'efficienza energetica degli edifici. Un'idea che ha dato vita allo spin-off «Glass to power».

Anche la Bicocca può essere definito uno spin-off di successo. Nata in periferia, la ha trasformata da uno stato di abbandono in cui si trovava dopo la chiusura delle grandi industrie novecentesche in un polo di attrazione, gestendo anche i centri sportivi e gli asili del quartiere. E il piede a Monza, dove l'ateneo lavora in sinergia con l'ospedale San Gerardo, ne fa un elemento di connessione tra le due città. Quasi quanto potrà forse esserlo la metropolitana, se un giorno ci arriverà.

Nel frattempo la Bicocca ha continuato l'espansione anche oltre confine: nel 2011 è stato aperto il MaHRE Center, centro di ricerca e formazione nei

campi delle scienze ambientali e dell'ecologia marina. Un altro pezzo per confermare l'identità dell'ateneo che ha nei suoi studi sull'ambiente, sulla scienza dei materiali e nel campo medico i suoi caratteri fondamentali.

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