No, non li ha proprio convinti: quando il 15 aprile Giuseppe Sala andò a sedersi davanti ai giudici della X Sezione penale e spiegò di avere firmato, il 31 maggio 2012, un verbale fasullo di Expo senza neanche guardare la data, ha fornito ai magistrati una spiegazione che faceva a pugni con i fatti e con la logica. Perché conosceva bene la rogna costituita dalla presenza della commissione d’appalto di due membri incompatibili: «Sala - scrivono i giudici nelle motivazioni della condanna - era stato informato sin dall’inizio della problematica ed era stato reso partecipe dei rischi sottesi (...). Erano dunque atti che non potevano essere confusi con altri o passare inosservati». Concludono i giudici: «Non vi è spazio logico per ritenere che prima dell’apposizione della firma non siano stati letti o lo siano stati distrattamente. Sala sapeva della redazione di siffatti documenti, li attendeva e li ha sottoscritti, consapevole delle illecite retrodatazioni». Poco conta, per i giudici, di chi sia stata la sventurata idea di risolvere la grana delle incompatibilità taroccando il verbale di nomina: Sala «ha condiviso la decisione cui i tecnici erano addivenuti, condividendone la soluzione e la responsabilità degli stessi, a prescindere dal fatto che egli abbia in primis partecipato al momento deliberativo o abbia solo a posteriori condiviso la scelta maturata in seno ad altri», si legge nella sentenza scritta a sei mani dai giudici Paolo Guidi, Angela Minerva e Chiara Valori motivando la condanna a 6 mesi inflitta il 5 luglio scorso al primo cittadino.
Non è una sentenza, come si vede, destinata a essere apprezzata dal sindaco che della sua esperienza alla guida di Expo ha fatto una bandiera prima e dopo la campagna elettorale. E poco conta che la stessa sentenza gli riconosca l'onore delle armi, ovvero di avere agito per elevati motivi sociali, ovvero portare all'approdo la traballante corazzata di Expo: «La tensione che ha contraddistinto il suo agire e quello dei suoi collaboratori in quei giorni, come chiaramente traspare dalle conversazioni intercettate, può essere adeguatamente considerata». Se non si fosse messo mano ai verbali, riconoscono i giudici, difficilmente Expo sarebbe andata in porto, «e non c'è dubbio che la realizzazione dell'evento fosse questione di generale e preminente interesse nazionale». Per questo al sindaco è stato inflitto il minimo della pena ed è stata oltretutto concessa la conversione della pena detentiva in 45mila euro di multa. Più rilevante un altro dato: intorno a metà novembre il reato è prescritto, essendo passati sette anni e mezzo dalla sua commissione.
I tempi lunghi e contrastati dell'inchiesta (segnata anche dalle polemiche tra Procura e Procura generale) hanno fatto sì che il primo verdetto arrivasse in zona Cesarini. Ora non ci sarà neanche il tempo di un processo d'appello. A meno che Sala non rinunci alla prescrizione: ma su questa ipotesi, come sull'intera sentenza, dallo staff del sindaco ieri rispondono con un «no comment».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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