La Corte dei Conti boccia Expo appalti e costi fuori controllo

Le toghe accusano la governance: carenze strategiche «Alterati principi di concorrenza e spese moltiplicate»

Cristina Bassi

Alterazione dei principi di concorrenza nell'assegnare gli appalti. Lievitazione eccessiva dei costi in corso d'opera. Vicende giudiziarie relative alla gestione delle gare. Non esce per niente bene Expo 2015 dal passaggio sotto la lente della Corte dei conti. I magistrati contabili infatti, nell'analizzare l'ultimo bilancio della società, evidenziano diversi problemi nella gestione dell'Esposizione universale. Che si aggiungono, o in alcuni casi si sovrappongono, ai nodi finiti nelle inchieste della Procura sull'assegnazione dei lavori. Una in particolare, quella sul cantiere della Piastra affidato alla Mantovani con un ribasso monstre, ha coinvolto dopo l'avocazione da parte della Procura generale anche il sindaco Giuseppe Sala.

Sono tre i fronti su cui la Corte dei conti fa le pulci all'ultimo bilancio di Expo, il più importante perché è quello dell'anno in cui si è tenuta la manifestazione. Le toghe sottolineano appunto come «le maggiori criticità riferibili alla realizzazione della manifestazione possono rinvenirsi principalmente in tre ambiti». Prima di tutto «l'alterazione del principio della concorrenza in molti appalti affidati pur se in fattispecie di affidamento diretto previste dal Codice dei contratti pubblici oppure rientranti nell'ambito del sistema derogatorio previsto per l'Expo». Poi i «maggiori costi di lavori e servizi»: le molte varianti in corso d'opera «hanno moltiplicato i costi dei principali appalti». Infine proprio le «vicende giudiziarie penali relative alla gestione di alcuni appalti».

I magistrati parlano di «carenze strategiche» e di «disfunzioni», puntando il dito contro la governance ma anche contro gli «effetti distorsivi sulle ordinarie regole della concorrenza, causati dall'urgenza nella realizzazione dei lavori e dei servizi necessari alla realizzazione del Sito espositivo». Spiega ancora la Corte: «Vengono rilevate criticità derivanti dalla difficoltosa fase di start up della società con particolare riferimento alle numerose modifiche normative intervenute con i decreti attuativi dal 2008 al 2010, circa il riparto dei finanziamenti e delle opere, ed ai rapporti con la società Arexpo, oltre che dal mancato apporto finanziario di due soci, coperto solo in parte da rifinanziamenti». Si tratta di Provincia di Milano e Camera di commercio, il cui mancato contributo ha pesato sul patrimonio per 66 milioni di euro. In totale però i costi aggiuntivi pagati dalla società con risorse proprie ammontano a 102,2 milioni e comprendono l'innalzamento dei livelli di sicurezza (14,1 milioni), il programma volontari (7,1 milioni) e il parcheggio di Cascina Merlata (15 milioni). I magistrati riconoscono l'eccezionalità dei problemi affrontati da Expo 2015, ma non la considerano sufficiente a giustificare una tale lievitazione delle spese. Le cause: «Gli effetti di una programmazione non del tutto attendibile, anche quale naturale conseguenza di una normativa in continua evoluzione, e la compresenza di numerosissimi cantieri nel sito spesso interferenti tra loro». Non solo: «Le difficoltà operative intervenute per i continui imprevisti verificatisi in un'area non adeguatamente esplorata dalla stazione appaltante», proprio per l'urgenza.

Sul fronte dei numeri la società ha chiuso il bilancio d'esercizio 2015 con ricavi per 740 milioni, di cui 218 milioni derivati da sponsorizzazioni, con 21,5 milioni di biglietti venduti. Il patrimonio netto è positivo per 30,7 milioni, in calo del 34,4 per cento sul 2014 a causa delle perdite accumulate.

Dal punto di vista operativo, concludono i magistrati contabili, «l'esercizio 2015 si è chiuso con una perdita di 23,8 milioni, sensibilmente inferiore rispetto a quella verificatasi nel 2014, di oltre 45 milioni, ma che riflette - appunto - le originarie carenze strategiche e le disfunzioni».

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