«Così trasformerò Peck in un lusso aperto a tutti»

Parla il nuovo ad del tempio del gusto milanese: «Ho creato il food alla Rinascente; ora nuovi menù e brunch domenicale»

Come si suol dire, l'uomo giusto al momento giusto. L'uomo è Massimo Furlan, padovano, uno dei massimi esperti italiani nel settore del food & beverage; al suo attivo il brillante management del Pelican Hotel di Renzo Rosso a Miami e la creazione della food hall al settimo piano della Rinascente, un business che oggi vale 26 milioni di fatturato. Il momento giusto per prendere le redini di Peck, lo storico tempio dell'alta gastronomia meneghina, è manco a dirlo l'anno di Expo. Ovvero un'epoca in cui il cibo assurge a simbolo di sostenibilità e innovazione, oltre che di piacere del gusto. Il conte Pietro Marzotto, che solo due anni fa aveva rilevato l'azienda dalla famiglia Stoppani, lo ha ingaggiato per fronteggiare con nuove armi la guerra stellare che a Milano, complici i media, ha visto nell'ultimo anno decuplicare i competitors. L'àncora rassicurante della tradizione, anche quella con la t maiuscola, a volte può non bastare e bisogna guardare avanti. «Ho trovato un'azienda sana - dice - solo in minima parte colpita dalla crisi generale che, si sa, non risparmia i cosiddetti prodotti di lusso. Ma stare al passo con i tempi è indispensabile e la pietra miliare è che mangiar sano e bene, oggi più che mai, non è un lusso ma un dovere». Pragmatismo veneto («sono figlio di un macellaio», dice con orgoglio) e decennale esperienza negli States lo hanno spinto alle prime sterzate rispetto a un modello che viveva di rendita sull'alta qualità. La prima è stata il prolungamento dell'orario dal lunedi al venerdì fino alle 21, poi l'apertura domenicale; infine il brunch che, per la prima volta, propone un menù che va ben oltre la tradizione, con un'attenzione anche al pubblico vegano e all'universo delle intolleranze alimentari. «Ho voluto dare spazio alla creatività del nostro chef Matteo Vigotti con l'obbiettivo è ampliare il target nel segno dell'internazionalità; l'elasticità degli orari è invece un must per soddisfare le esigenze di tutti, anche di chi esce tardi dal lavoro» dice Furlan che, nella sua giornata lavorativa di dodici ore, si divide tra via Spadari e Palazzo Italia a Expo, dove Peck ha un ristorante di cento coperti con terrazza affacciata sull'Albero della Vita. «Ogni giorno ospitiamo tutti i Paesi comprese le delegazioni ufficiali. Tutti soddisfatti, compreso Putin che pure pretese un medico e due biologi in cucina per analizzare tutti i piatti che avrebbe mangiato...».

Alta qualità delle materie prime - dalle verdure ai formaggi a lunga stagionatura - produzioni proprie come la bresaola da carne fresca con quattro mesi di frollatura e poi la celebre gastronomia dei patè di selvaggina, del vitello tonnato e delle paste fresche; per Furlan sono i capisaldi da cui partire per un cambio di mentalità. «Il mio obiettivo è raggiungere il grande pubblico che oggi è più consapevole rispetto ai concetti di qualità e benessere. Voglio sfatare il mito di Peck sinonimo di ricchezza o di grandi ricorrenze. Oggi, dopo decenni di grande distribuzione, si sta tornando a un'idea di approvigionamento quotidiano che è sinonimo di freschezza e di riduzione degli sprechi di cui noi italiani siamo maestri».

Oggi Peck, che ha cento dipendenti più 70 a Expo, ha un fatturato di 18 milioni di euro «ma ha la potenzialità per crescere almeno di altri due o tre milioni», dice Furlan che in negozio ha portato anche il figlio 18enne appena reduce dalla chiusura delle scuole: «Sta in cucina e fa il lavapiatti, così impara una regola fondamentale, il rispetto per il lavoro di tutti».

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