Cronaca locale

La crisi cambia l'industria: addio alle imprese familiari

La crisi cambia l'industria: addio alle imprese familiari

L'abbiamo sentita tante volte, ma forse non ne parleremo più. L'azienda famigliare tipica del panorama produttivo italiano è a rischio estinzione. L'allarme lo lancia Paolo Buzzatti, presidente dell'Associazione nazionale costruttori edili, introducendo ieri alla Triennale il convegno «Cosa succede in città». Un incontro tra imprenditori e istituzioni per confrontarsi sul futuro di uno dei settori dell'economia più colpiti dalla crisi. «Il momento è drammatico – afferma Buzzetti – le nostre aziende soprattutto medie e piccole stanno chiudendo, al momento si può fare molto, ma bisogna fare senza lasciarsi fermare dai frenatori che in Italia abbondano».
E un'occasione per fare è il Piano città contenuto nel Decreto sviluppo del governo: grazie a questo strumento si possono ottenere fondi per recuperare interi quartieri. Restano però ancora dei dubbi, ad esempio sulla cabina di regia che dovrebbe gestire la selezione dei progetti. Alcuni li ha espressi Lucia De Cesaris, assessore all'Urbanistica del Comune: «Di cabine di regia ne ho viste molte, preferirei che ci fosse qualcuno che decidesse e basta: il mio timore è che se ci mettiamo troppi enti finiamo invischiati nel gioco dei veti incrociati, soprattutto nel periodo di elezioni».
I fondi però restano un problema più pressante ancora, anche se dal governo arriva una promessa: «Direi che si tratta di una situazione con i caratteri dell'emergenza visto che si parla di 600mila famiglie che hanno bisogno di un'abitazione – premette Mario Ciaccia, viceministro delle Infrastrutture – mi impegnerò perché vengano studiate delle deroghe mirate al patto di stabilità e penso che si dovrebbe avviare un nuovo piano Fanfani». Un nuovo piano casa insomma potrebbe essere in arrivo. Intanto i piani presentati sono tanti, 432 finora, per un importo pari a circa 12 miliardi. Tra questi Milano ne ha due relativi alle bonifiche dell'area di Porto di Mare e di Bovisa. Zone periferiche, dove sembra che sia destinato a dirigersi il futuro, almeno quello prossimo, dell'edilizia. È questa la direzione suggerita anche dal vicepresidente di Legambiente Edoardo Zanchini: «Bisogna mettere mano a strumenti per permettere di costruire densificando le abitazioni nelle periferie intermedie, quelle tra il centro e le nuove costruite in modo più moderno, e uno potrebbe essere rendere meno oneroso costruire in città piuttosto che su un terreno agricolo».


È verso l'esterno infatti che si muovono le grandi realtà aziendali come Unicredit: «Noi in Europa abbiamo un totale di 7 milioni di metri quadri e sono prevalentemente in città – spiega Paolo Gencarelli, capo del Real Estate del gruppo – ma abbiamo avviato un piano denominato Exodus secondo il quale passeremo dagli attuali 223 edifici a 97 e l'80% sarà in zone esterne delle città».

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