Due squadre, due tifoserie, due stili. Che le curve del Milan e dell'Inter siano in mano alla criminalità organizzata è ormai un dato di fatto acclarato. È una lebbra di questi tempi, comune ad altre società - basti pensare alla Juventus, o al Napoli - sulle cui origini e possibili rimedi si potrebbe ragionare all'infinito.
L'unica certezza è che davanti a questo disastro a poter fare la differenza è l'atteggiamento delle società, chiamate a una scelta secca: complicità e sudditanza, oppure orgoglio e «zero tolerance». In questi giorni vengono prese pressoché in contemporanea due scelte che segnano con nettezza i diversi atteggiamenti dei due club milanesi.
Il Milan sceglie per un ruolo cruciale, al vertice dell'area tecnica, Paolo Maldini: che oltre a un grande campione e a un grande capitano, è stato l'uomo che più apertamente ha saputo sfidare la deriva malavitosa della curva. E ne ha pagato le conseguenze.
L'Inter, invece, defenestra Mauro Icardi arrendendosi al diktat dei malviventi della Curva Nord che al centravanti argentino l'hanno giurata da tre anni per non essersi voluto genuflettere ai loro ordini.
Che un allenatore come Antonio Conte non fosse in grado di gestire le vivacità caratteriali di Icardi e soprattutto di sua moglie, è ovviamente impensabile. Ed impensabile - tecnicamente parlando - che si possa sostituire Icardi con un peso piuma come Lautaro o un prepensionato come Dzeko.
Cedere Icardi è solo una resa senza condizioni ai signori del secondo anello.Poi magari non cambierà niente e i clan continueranno a regnare indisturbati sulla Sud e sulla Nord. Ma almeno il Milan potrà dire di non essersi arreso. Il Milan.
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