Un diamante di 70 anni Ma il Milano per regalo rivuole la sua casa

La più antica squadra d'Italia festeggia tornando per un giorno al campo Kennedy

Elia Pagnoni

Se un diamante dura per sempre, quello del Milano Baseball è già arrivato a 70 anni. Sono quelli che festeggerà domani la squadra più antica d'Italia di questo sport, una squadra che sopravvive nelle retrovie di una disciplina già di per sè in ombra, ma che può permettersi di lucidare per l'occasione un'argenteria non trascurabile. Una storia lunga e nobile, quella del Milano '46, club fondato nell'immediato dopoguerra da cinque studenti di Giurisprudenza dell'Università Statale su ispirazione di Franco Milesi che aveva risalito la penisola al seguito della V Armata americana. E proprio i soldati lasciarono a Milano il germe di questo strano gioco, alimentato da Max Ott, un italoamericano diventato ben presto il padre del baseball italiano, l'uomo che organizzò la prima partita giocata al Giuriati nel '48.

Da quel vecchio Milano e dall'opera di Ott derivarono tutte le squadre del centro-nord, mentre le laziali continuavano a giocare a softball (la versione che sta al baseball come il calcetto al calcio) e si «convertirono» solo qualche anno più tardi. Ma da quelle origini nacque soprattutto il Milano che nel '58 aprì la sua età dell'oro con il primo dei suoi 8 scudetti. Era il Milano di Gigi Cameroni e Angelo Novali, di Goldstein, Folli, Gandini, Redaelli e dei fratelli Balzani, in pratica l'ossatura della Nazionale, cui si aggiunse nel '61 Giulio Glorioso, il miglior lanciatore italiano di tutti i tempi: questo inserimento fece nascere il Milano degli invincibili che conquistò due scudetti consecutivi con 36 vittorie su 36 partite.

Poi, sempre con il marchio Europhon sulla casacca, arrivò l'era dei trionfi europei, le tre coppe dei Campioni tra il '69 e il '71, firmate da altri campioni come Cavazzano, Silva, Spinosa, De Regny, Rossi, Allara, l'eterno Passarotto, fenomeno capace di lanciare in serie A1 fino a 46 anni. Se il 1970 fu l'apice dell'epopea milanese, con l'accoppiata scudetto-coppa Campioni, gli anni Settanta segnarono il lento declino, i saliscendi tra la prima e la seconda serie a seconda delle disponibilità finanziarie. Vent'anni di alti e bassi fino alla rinascita del '90 con l'ingresso nella Polisportiva Mediolanum che significa il ritorno ai vertici: altri scudetti non ne arriveranno, ma ci saranno due trionfi europei in coppa delle Coppe firmati da Mauro Mazzotti, l'allenatore che poi avrebbe vinto in tutta Ialia, e da grandi firme come Roberto Bianchi, il più forte battitore italiano di sempre, come Radaelli, Cherubini, Manzini, Guerci e tanti altri che poi hanno scritto la storia degli anni successivi, quelli dell'ennesima ripartenza dopo la chiusura della polisportiva rossonera.

Nel '98 l'ultimo campionato di A1, ancora una finale europea persa a Zagabria, poi il limbo delle serie minori, la B, la A2, da solo o in compagnia, attraverso la fusione con l'Ares di Elio e Faso delle Storie Tese fino alla scelta attuale di dar vita alla franchigia milanese dello United che unisce le forze di Milano di Senago, dove la squadra gioca ormai da anni per l'indisponibilità del Kennedy in una città che non riesce a dare una

casa alle sue squadre, costringendo tutti, dal volley allo stesso basket, a chiedere ospitalità in provincia. Ma questa è un'altra storia: almeno nel giorno del compleanno il vecchio Milano non vuole pensare ai propri guai.

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