(...) aiuto al dottor Rank e ho fatto partire il bacio tra la signorina Linde e Krogstad da lei, dalla donna.
Ho lavorato sulle luci per aumentare i chiari e oscuri e cioè per dare un poco più di spazio al «misterioso» oltre che al «meraviglioso» di cui parla tanto Nora.
Sia ben chiaro, mi sono attenuta il più fedelmente possibile al testo, non tenendo conto delle interpretazioni precedenti. Nora, nella prima scena, entra e dice una bugia. Mangia un amaretto e dice di non averlo fatto, si tratta solo della prima di una lunga serie di bugie. Parla del viaggio a Capri come di una vacanza «meravigliosa». Forse la sua voglia di una vacanza nel caldo Sud (per una norvegese il Sud dell'Italia è il posto dei sogni e Amalfi è dove Ibsen ha scritto Casa di bambola) era più forte della preoccupazione per la salute del marito: sono tutte ipotesi che trovano riscontro nel testo, rimanendo a quello che Ibsen scrive.
In questa direzione è stato utile tagliare e asciugare l'ultima scena, togliere quel botta e risposta e quelle ripetizioni che rendono l'ultimo incontro tra Torvald e Nora simile ad un interrogatorio, anche per poter continuare a difendere quel «maschile» difeso nei primi due atti, scoprire le debolezze di Torvald, l'umanità di Krogstad e la fragilità del dottor Rank, per insegnarci ad amarli comprendendo le loro ragioni.
Torvald ama Nora, l'ha amata e, come afferma nel finale, la ama e la desidera ancora. Se nella tradizione interpretativa lui appare un marito insopportabile e autoritario è proprio a causa di quest'ultima scena. Ma la mia lettura dimostra che non è tutto così, tanto che ho immaginato la resa dei conti come conseguenza coerente dei due atti precedenti. È vero, qualcosa cambia, il modo d'esprimersi di Nora si fa improvvisamente protervo e sicuro, ma perché una bugiarda come lei non dovrebbe essere capace di continuare a mistificare la realtà e a inventarla? Perché Torvald che la ama tanto e che non è proprio un cuor di leone dovrebbe improvvisamente diventare un marito capace di essere un eroe? A leggere e a rileggere il testo, non si riesce a capire perché Nora sia stata sempre vista solo come una vittima.
Non è così, Nora ha una tale forza per trasformare le cose, le persone e i fatti che non solo a Helmer, ma anzi a tutta la platea dà l'impressione di essere una donna gravemente offesa, ferita nell'anima dal marito e dal padre.
La catastrofe non dipende dal fatto che lei non può impedirla, bensì dal fatto che vuole viverla. Vuole vivere «la cosa meravigliosa».
Ho pensato i personaggi maschili come le tre facce di uno stesso uomo. Un uomo con due idee di donna, con due ipotesi di relazione con l'universo femminile: una basata sulla complicità, quella con la Signora Linde, e l'altra con Nora, sulla seduzione.
Krogstad è un Helmer non realizzato, «è un'amicizia di gioventù», mentre il dottor Rank è compagno di scuola di Helmer. Sono amici tra loro e hanno la stessa età.
Il compito era arduo. C'era bisogno di un attore bravissimo, pieno di qualità. Con un attore come Filippo Timi dovevo penetrare gradualmente dentro il testo e Filippo si è contenuto per non sfondare come sua indole e abitudine, lavorando con cura sui molti dettagli dei tre caratteri.
Anche in vista di questo obiettivo, ho curato con rigore assoluto ogni particolare e la complessità del percorso. Insieme abbiamo lavorato a tavolino un mese: cosa sorprendente per lui. (E anche per me).Andrée Ruth Shammah
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