Enrico Lagattolla
Doveva essere il grande sogno di navigare da Milano fino ai padiglioni dell'Expo. A conti fatti, si è rivelata l'ennesima occasione per fare girare un bel po' di soldi sporchi. Perché del progetto iniziale delle «Vie d'acqua» è rimasto ben poco. Ma i milioni degli appalti - quelli - sono rimasti gli stessi. E sarebbero finiti nelle solite tasche. quelle dell'impresa Maltauro, già finita nella bufera giudiziaria per i lavori per le cosiddette «Architetture di servizio», e che in un raggruppamento di imprese si era aggiudicata anche la gara per la via d'acua sud (54 milioni di euro), parte del più ampio «Progetto vie d'acqua, vie d'acqua sud, canale e collegamento Darsena-Expo/Fiera». Un affare da oltre 120 milioni, un progetto faraonico che prevedeva il collegamento idrico del canale Villoresi con il Naviglio Grande passando attraverso il sito espositivo di Rho-Pero. Le buste vennero aperte il 18 giugno del 2013. La Maltauro - e le aziende associate - sbaragliarono la concorrenza con un ribasso del 23%. Ma quel successo imprenditoriale, sospettano i pubblici ministeri, sarebbero figlio di un giro di tangenti per Antonio Acerbo, all'epoca commissario delegato di Expo 2015 per il progetto delle Vie d'acqua e attualmente responsabile del Padiglione Italia.
Il nome di Acerbo era già circolato nelle ultime inchieste sul malaffare di Expo, ma finora al manager non era stata contestata alcuna ipotesi di reato. Ora, invece, l'ex direttore generale del Comune ai tempi di gabriele Albertini e di Letizia Moratti è indagato in concorso con l'imprenditore Enrico Maltauro (e ad altri intermediari al momento sconosciuti) per corruzione e turbativa d'asta. Come si arriva a queste nuovo scenario? Ancora non è chiaro. Da un lato ci sarebbero le dichiarazioni dello stesso Maltauro, che negli ultimi interrogatori davanti ai magistrati avrebbe raccontato del denaro fatto avere ad Acerbo per avere una corsia preferenziale e aggiudicarsi i lavori per i canali. Una ricostruzione smentita però dai legali dell'imprenditore, secondo cui invece l'imprenditore non avrebbe riferito alcuna irregolarità legata alle vie d'acqua. I magistrati parlano di «versamenti di utilità» e «favori» non meglio specificati, e non sono di particolare aiuto l'avviso di garanzia recapitato allo stesso Acerbo o i decreti con i quali la Procura ha chiesto a Expo spa e alla società Metropolitana Milanese di esibire «atti e documenti relativi alla procedura del progetto», o con cui sono stati perquisiti dalle fiamme gialle «i luoghi nella disponibilità dell'indagato». Si sa però che i primi abboccamenti fatti attraverso gli intermediari indagati risalirebbero a due anni fa, e che i presunti reati sarebbero stati consumati «fino al 10 luglio del 2013».
Dopo l'arresto di Angelo Paris (direttore della divisione «Construction and dismantling» di Expo spa, finito in cella nel maggio scorso) e ancora prima di Antonio Rognoni (numero uno di Infrastrutture Lombarde), una nuova tegola cade dunque sulle grandi opere della regione.
E se per il presidente dell'autorità Anticorruzione Raffaele Cantone «il ruolo di Acero in Padiglione Italia può essere un problema», secondo il sindaco Giuliano Pisapia è necessario che il manager «faccia un passo indietro per il bene di Expo». Perché «sono garantista - spiega Pisapia - e siamo di fronte ad un avviso di garanzia, non a un arresto o una condanna. Ma resta l'esigenza di salvaguardare la reputazione del nostro Paese, di Milano e di Expo».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.