Fece suicidare la sorella che si era pentita

Fece suicidare la sorella che si era pentita

Non bastavano le botte e le sevizie, i famigliari le avevano praticamente preso in ostaggio i figli per punirla di aver tradito il marito in carcere e collaborato con la giustizia. Due colpe gravissime in Calabria. La donna alla fine si tolse la vita con l’acido muriatico, ma i suoi aguzzini non sono sfuggiti alla giustizia. A febbraio sono stati arrestati i genitori, sabato il fratello, rintracciato a Paderno dopo due mesi di latitanza.
Un’altra tristissima vicenda dopo quella di Lea Garofalo di Pitiglia Policastro, sequestrata, torturata, uccisa e sciolta nell’acido dallo stesso marito Carlo Cosco per aver tradito i segreti di famiglia. Anche Maria Concetta Cacciola, originaria di Rosarno, aveva provato a rompere le rigide regole della ’ndrangheta, anche lei ha pagato con la vita. All’inizio del 2011 infatti Michele Cacciola e Anna Rosalba Lazzaro scoprono attraverso una lettera anonima che la figlia «Cetta» ha allacciato una relazione extraconiugale mentre il marito Salvatore Figliuzzi si trova in galera per scontare otto anni per associazione mafiosa. Lei confessa e annuncia ai genitori la sua intenzione di separarsi. «Questo è il tuo matrimonio e te lo tieni per tutta la vita» le risponde il padre. Figliuzzi infatti è associato al clan Pesce che gestisce tutti i traffici dell’area di Gioia Tauro, dal porto alla droga, dalle estorsioni al controllo dei mercati agricoli. La ’ndrina ha inoltre stretti legami con il clan Ballocco e sancito un’alleanza per il controllo del territorio della piana di Gioia Tauro insieme alle famiglie Piromalli, Mancuso e Molè.
Ma nel 2010 questo monolite viene scalfito dalla decisione di Giuseppina Pesce, cugina di «Cetta», di collaborare con la giustizia. Una scelta che per lei ha significato cambiare nome e vivere in una località segreta. Seguendo il suo esempio, anche Maria Concetta decide di mettersi sotto la protezione dello Stato e a maggio si presenta ai carabinieri di Rosarno. Inizia a collaborare con i magistrati di Reggio, racconta i segreti, i traffici, gli omicidi della sua famiglia e dei Ballocco, con cui è imparentata: suo padre è infatti cognato del boss Gregorio Bellocco. Le sue dichiarazioni consentono ai carabinieri di arrestare undici presunti affiliati alla cosca Pesce, oltre a scoprire due bunker utilizzati dai latitanti.
Maria Concetta viene posta sotto protezione in una località segreta dopo aver lasciato i figli alla madre ma il 9 agosto fa ritorno a Rosarno, non è chiaro se spontaneamente oppure se raggiunta nel suo rifugio e «rapita» dai genitori e dal fratello. In ogni caso, finita nella mani dei famigliari viene sottoposta a pestaggi e torture fino a quando ritratta, affidando le sue nuove dichiarazioni a una registrazione video. Il 17 però richiama i carabinieri dicendo di voler continuare la collaborazione. Viene invitata a lasciare il paese, lei ritarda la partenza e infine il 20, sfibrata dalle minacce, in particolare di non vedere più i figli, e dalle sevizie dei famigliari, si toglie la vita bevendo l’acido muriatico.
Il 9 febbraio nel corso di una retata di ’ndranghetisti, vengono arrestati i genitori Michele e Anna Rosalba, mentre il fratello Giuseppe, nato a Cinquefrondi il 12 marzo 1981, riesce a fuggire.

A conferma della forte penetrazione dei clan calabresi in Lombardia, l’uomo si rifugia a Paderno Dugnano. Qui viene però rintracciato dei carabinieri che sabato pomeriggio lo arrestano mentre esce da un centro commerciale.

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