La fotografa che difende l'ambiente "Ecco quel che possiamo perdere"

De Carbuccia: «Le opere in vendita anche per sensibilizzare»

La fotografa che difende l'ambiente "Ecco quel che possiamo perdere"

Fotografa ambientale, o più esattamente «environmental artist»: così si definisce e va definita Anne De Carbuccia, autrice franco-americana che a Lambrate ha aperto la sede italiana della sua fondazione. In via Conte Rosso 8 fino al 12 aprile ha allestito la mostra «One One Planet One Future»: è un riassunto del suo lavoro in difesa dell'ambiente, portato avanti con un alto senso etico che la avvolge in quell'aura di semplicità tanto rara in certi ambienti del capoluogo lombardo. Indossa abiti realizzati con materiali recuperati, manda inviti stampati su carta riciclata, niente trucco tranne un pulito sorriso. Ha studiato antropologia e storia dell'arte alla Columbia University, la coerenza e i principi morali che la caratterizzano le hanno fatto convogliare la sua espressione verso una sensibilizzazione in difesa del pianeta. Anne ha viaggiato per anni dal Polo ai Tropici, per raccontare quanto l'antropizzazione e gli interventi dell'uomo abbiano messo a rischio le ultime wilderness. La sua organizzazione non-profit si chiama Time Shrine Foundation: nasce nel 2015 con l'obiettivo di creare consapevolezza e proteggere gli ambienti e le culture vulnerabili.

«Desidero attirare l'attenzione su alcuni urgenti problemi ambientali e sociali - ci dice l'artista - perché siano riflessi nella vita quotidiana, ispirando empatia nelle persone per motivarle a passare all'azione. Insieme possiamo fare la differenza per il nostro futuro comune. Il mio lavoro non vuole giudicare o accusare, ma mostrare cosa abbiamo, cosa potremmo perdere e cosa possiamo scegliere di preservare».

La sua Fondazione supporta interventi ambientali in Africa, America, nel Sud Est Asiatico, in Himalaya e in Italia. I proventi delle vendite di queste opere di grande formato servono o a finanziare le azioni di sensibilizzazione. Nelle installazioni inserisce il teschio e la clessidra come classici simboli della vanità umana e del tempo che fugge. Questi oggetti, insieme a elementi organici trovati in loco, le danno la possibilità di creare santuari per richiamare attenzione sui problemi del luogo e onorarne la bellezza. «I miei studi di arte classica mi hanno fatto scoprire le nature morte antiche prosegue - Ero interessata al tema delle vanitas che utilizzano la clessidra e il teschio, due simboli importanti dell'arte occidentale. Chiamo queste composizioni time shrines, sacrari del tempo. Dall'inizio della storia gli esseri umani hanno creato sacrari in momenti e luoghi diversi per rappresentare ciò che temevano o che ammiravano».

I nuovi spazi milanesi della fondazione, edifici di una vecchia fabbrica degli anni Venti riconvertiti in maniera sostenibile, ospitano le sue grandi opere divise in 4 temi: Endangered Species, Water, War, Trash.

Animali in pericolo, acqua, la guerra e i nostri rifiuti, e un'area dove sarà possibile vedere un documentario che racconta il dietro le quinte delle sue spedizioni. Aperta dalle 10 alle 19.30 nell'ambito del Fuori Salone Ventura-Lambrate.

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