Stefano Giani
Quella di Alessandro II fu un'elezione sofferta al soglio pontificio. Alla morte di Nicolò II, i cardinali riuniti in un improvvisato conclave fuori dalle mura romane acclamarono alla cattedra di Pietro il vescovo di Lucca. Anselmo era milanese del borgo di Baggio ma se la dovette vedere con la nobiltà romana, tutt'altro che disposta ad accettare quella nomina. Così una deputazione di nobili capitolini offrirono le insegne del patriziato a Enrico IV di Franconia, allora rex romanorum. L'anno Mille era scoccato da una sessantina d'anni e le paure per la fine del mondo erano svanite, ma le tensioni restavano. Nel 1084 re Enrico sarebbe diventato imperatore del Sacro Romano Impero, si limitò a lusingare quella delegazione che lo invitava a esercitare il suo diritto di voto nell'elezione del papa e scelse Cadalo, vescovo di Parma, che s'impose il nome di Onorio II.
Ognuno sosteneva che l'antipapa era l'altro e fu necessario un concilio. Ma a Mantova Cadalo non venne mai. Venne invece Alessandro al quale fu chiesto di discolparsi dalle accuse di simonia. Il Santo padre rispose che un papa non può essere giudicato dai suoi discepoli. E mise tutti a tacere. Sulla via del ritorno si fermò a Milano non certo perché fosse la sua città. Erano anni di lotte. L'arcivescovo Guido da Velate era accusato di simonia e di aver tollerato il concubinaggio dei preti in una chiesa corrotta. Arialdo, un semplice diacono, era il suo nemico. Entrambi erano legati ad Alessandro II che fu ordinato sacerdote proprio da Guido. Ne uscì una lotta senza quartiere in cui il prelato episcopale fece rinchiudere il rivale nella torre di Angera e, dopo averlo ucciso, ne gettò il corpo nel lago Maggiore. Il pontefice lo scomunicò e il popolo gli voltò le spalle. Ma quando il cadavere di Arialdo riemerse dalle acque, martoriato per le torture, a finire nei guai fu l'arcivescovo. Il diacono fu canonizzato da Alessandro e oggi riposa in Duomo. Guido lasciò la carica e la sede vescovile.
Ecco perché Sua Santità tornò nella città natale. E fu il primo pontefice a visitare Milano. Da allora è trascorso poco meno di un millennio e solo quattro papi sarebbero arrivati in terra ambrosiana. Una trentina di anni dopo, vi giunse Urbano. Secondo pure lui. Ottone di Chatillon era un benedettino, ex priore dell'abbazia di Cluny, cuore pulsante della cultura e dell'arte europea. Lì era entrato nelle grazie di Ildebrando di Soana, asceso al soglio alla morte di Alessandro II con il nome di Gregorio VII. Noto come il papa della lotta per le investiture, fu lui ad obbligare Enrico IV a «scendere a Canossa» e umiliarsi. Della «corte» di Gregorio faceva parte pure Ottone che di lì a tre anni ne avrebbe ereditato la carica. E da pontefice, nella primavera del 1095, si mise in viaggio verso Clermont da dove avrebbe indetto la prima crociata contro i musulmani, che avevano occupato le Terra Santa. Si fermò in città, all'epoca poco più di un borgo.
Dovettero passare più di tre secoli prima che un nuovo pontefice si presentasse sotto il Duomo, fresco fresco di costruzione. Anche lui si chiamava Ottone, ma stavolta era italiano e della nobile stirpe dei Colonna. Ci vollero solo tre giorni per eleggerlo nel novembre 1417. La «fumata bianca» arrivo l'11, giorno di San Martino e Ottone decise di chiamarsi così in onore del santo. Di ritorno dal Concilio di Costanza, dove era stato ricomposto lo scisma d'Occidente e si era scelto il nuovo papa, Martino V lasciò un'impronta indelebile di sé. Il 16 ottobre 1418, ospite di Filippo Maria Visconti, consacrò l'altare maggiore del Duomo concedendo ampie indulgenze. E non se ne andò più. Jacopino da Tradate che da anni lavorava nei cantieri della cattedrale fu invitato a scolpirne la statua in ricordo dell'avvenimento. Rimase immortalato in quei marmi, testimonianza della più alta espressione dell'arte gotica lombarda. A Duomo finito, Jacopo perse il lavoro e approdò a Mantova dai Gonzaga e di lui si persero tracce e notizie.
Nei 565 anni che seguirono Milano non s'inchinò più a Sua Santità. Ma nel maggio 1983 si riversò tutta per le strade per vedere la papamobile di Giovanni Paolo. Anche lui, secondo. Karol Wojtya si trattenne tre giorni e incontrò la comunità in vari contesti. Il sagrato fu trasformato in un altare. La piazza pregò con lui. Entrò anche alla Scala e girò in città fra ali di folla. Tornò l'anno dopo, il 4 novembre, per prostrarsi davanti all'urna del Borromeo, di cui portava il nome di battesimo e del quale ricorreva il quarto centenario della morte. Il millennio finì e Benedetto XVI gli successe non solo sul soglio di Pietro, ma anche nella visita ambrosiana.
Si fermò tre giorni. Dall'1 al 3 giugno 2012 incontrando autorità. Cittadini. E i giovani - allo stadio di San Siro - nel sesto incontro mondiale delle famiglie. Dove Bergoglio domani parlerà ai cresimandi. Benvenuto Francesco.
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