La Franco Tosi a Legnano il set scelto da Amelio per girare il film su Craxi

Nella fabbrica seicento comparse per filmare il congresso Psi all'Ansaldo che lo incoronò

La Franco Tosi a Legnano il set scelto da Amelio per girare il film su Craxi

Un ragazzo scappa tra i docks di New York. È inseguito dagli zombie, ma a salvarlo sarà una gomma da masticare. Strade decadenti con edifici dal grigio sapore metropolitano. Una corsa a rotta di collo, come quella della V-Max 1200 che rombava dopo che lo «zingaro» Ibrahimovic aveva fatto quattro scambi con O Rey Pelè.

In principio era la pubblicità, anima di un commercio che ha perso la frenesia degli anni Ottanta, quelli in cui la Franco Tosi di Legnano - fondata un secolo prima dall'imprenditore che le ha dato il nome - ancora girava a regime. L'edonismo reganiano e la Milano da bere avevano già cominciato a spargere quei germi che avrebbero fatto definitivamente uscire di scena Cipputi. Cgil e Cisl iniziavano a perdere il controllo dei metalmeccanici perché le tute blu erano diventate un po' come i panda. In via di estinzione. Furono gli anni Novanta a decretarne l'inizio della fine. O almeno ad avviare la fase crepuscolare.

La Franco Tosi, una vera e propria cittadella industriale, precipitava nella girandola delle cessioni ma gli stabilimenti sono rimasti una scatola vuota e solo nel 2005 rinacquero, si fa per dire, a nuova vita. A rispolverarne il fascino furono i pubblicitari di Sky Premium che vi buttarono dentro calciatori di chiara fama, motori del desiderio e perfino i morti viventi neutralizzati da una cicca. Quella fabbrica, con strade e edifici, era perfetta per installare un set, inserito in un reticolo di vie ma senza curiosi a ficcare troppo il naso. Tutti liberi insomma, registi e traffico inclusi. E, come sempre, lasciarsi prendere la mano è cosa facile. In principio era la pubblicità, oggi è il cinema. Tagli, ritagli e frattaglie di una cinecittà nordista che piace ai produttori che piacciono. E non solo a loro.

Quando Gianni Amelio ha sentito che la location - come la chiamano oggi quelli che parlano bene - era disponibile, ha avuto poche esitazioni. Per il suo Hammamet, nelle sale dal 9 gennaio, la Franco Tosi era perfetta. Soprattutto per le riprese del congresso del Psi all'Ansaldo che incoronarono Bettino Craxi, segretario del partito. Nei capannoni sono entrate così seicento comparse destinate ad ascoltare Pierfrancesco Favino, nei panni del leader socialista dopo un restyling lungo alcuni mesi quanto mai intenso e attento. Un cerchio che a suo modo quadra visto che l'Ansaldo era entrata nella vita della Franco Tosi nell'ultimo anno del secolo, il 1999. Lo stesso che il regista racconta nel film, distaccandosi dal tono biografico per toccare gli spasmi di agonia di uno statista che, ad Hammamet, si considerava in una sorta di esilio, più dolente che dorato. Il contrario dei giudici di Mani pulite. Per loro era solo un latitante.

Il film - che include nel cast anche Claudia Gerini e Renato Carpentieri - commemora un anniversario, quello dei vent'anni della scomparsa di Craxi, lasciando che sia l'uomo a prevalere sul politico con un rigore verista che ha portato Amelio a girare alcune scene anche a casa del segretario socialista in Tunisia. Ne esce un ritratto intimo che si astiene dal valutare storicamente lo spessore del leader e preferisce invece guardare introspettivamente il dramma umano.

E sempre tragedie sono entrate nella nuova esistenza della Franco Tosi come set cinematografico. Per Il venditore di donne di Fabio Resinaro - già autore di Dolceroma - nelle scorse settimane sono state completate le selezioni di cento comparse che andranno a far parte del film tratto da un romanzo di Giorgio Faletti. Stavolta è Milano fine anni Settanta ad essere al centro dei riflettori in una storia ambientata nella città in cui la malavita fa rima con Renato Vallanzasca. Locali alla moda. Discoteche e bische. «Bravo» con l'amico Daytona, interpretato da Paolo Rossi, è il ras di un sottobosco in cui commercia con il gentil sesso. Il suo settore sono le donne ma, dopo una notte di follie al gioco, quando inciamperà in Carla (Miriam Dalmazio già vista in Sole a catinelle con Checco Zalone, Che strano chiamarsi Federico di Ettore Scola e Meraviglioso Boccaccio dei fratelli Taviani), la sua vita subirà una svolta. Un nuovo inizio della fine.

A differenza della Franco

Tosi che ne ospiterà le riprese e la ricostruzione di quella Milano dimenticata. Stavolta, tuttavia, dalla sua fine come industria ha ricostruito un inizio vero. E al posto di Cipputi ha lasciato entrare la Settima arte.

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