Fu "guerra civile" e nessuna legge cancellerà i morti

Fu "guerra civile" e nessuna legge cancellerà i morti

Nessuna pietà per il sangue dei vinti. Ieri le corone deposte al Campo della Gloria per i partigiani morti, oggi il divieto del prefetto Saccone a celebrare una messa al Campo dell'Onore per ricordare le divise della Repubblica sociale italiana, ma anche i civili trucidati magari a guerra già finita nella mattanza che seguì il 25 aprile. Un rogo, quello del Comitato per l'ordine e la sicurezza, che con burocratica freddezza ha bruciato i volumi degli storici (anche di sinistra) che da tempo hanno certificato che quella fu una «guerra civile». Italiani contro italiani e non una battaglia del bene contro un male assoluto (e incomprensibile) su cui far cadere l'anatema perpetuo.

È forse proprio per questo che di anno in anno mentre cala il numero chi va a deporre un fiore (rosso) sulle tombe di quei partigiani che volevano (legittimamente, vista la loro fede nel comunismo) far diventare l'Italia una provincia della Russia, aumenta invece il disciplinato schieramento di chi non accetta il divieto per legge di una preghiera sui cippi di chi morì per impedirlo. Un rifiuto che sfida anche il rischio, divenuto ormai certezza, di essere trascinati davanti a un giudice, salvo poi vedere riconosciuto dopo anni e ingenti spese processuali dalla Corte di cassazione il diritto al «Presente» di fronte ai militi della Rsi a cui anche il Tribunale militare nel 1954 ha attribuito la qualifica di militari, inquadrati in un'entità statuale.

Ed è per questo che ben altri partigiani come il sindaco di Milano Aldo Aniasi, mai si sognarono di impedire tale cerimonia. Certo era gente con un granitico apparato di valori, ben diversa da quegli inconsolabili orfani del comunismo (o del semplice buon senso) che oggi nell'assenza totale di qualsiasi mondo reale o ideale da proporre, non trovano di meglio che rifugiarsi in un «anti», prendendosela con i morti e con chi chiede solo di ricordarli. Fa per questo specie che il sindaco di Milano Beppe Sala, persona intelligente e concreta, senta il bisogno di accodarsi alla canea degli antifascisti da salotto o peggio da centro sociale. Alimentando quella deriva sinistra che lo ha portato in questi giorni a chiedere la legalizzazione di chi occupa abusivamente e magari spaccia o organizza le periodiche devastazioni della città in occasione dei cortei.

C'è da sperare che il signor prefetto che ha avuto la sfortuna di avere come prima grana dopo il suo insediamento proprio l'omaggio al Campo X, possa avere con quei «bravi ragazzi» lo stesso pugno di ferro. E sulla lettura della lettera di un condannato a morte della Rsi che comunque oggi sarà letta su quelle tombe, a pronunciarsi sarà la magistratura. E in ultima istanza il buon Dio. Sempre misericordioso.

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