Dall'Ippodromo di San Siro passano - in questa estate milanese - i più variopinti cavalli della musica. Dal pop al rock, al melodico al folk, dai The Killers ai Toto, dai Motorhead a John Legend, da Skunk Anansie al nostro Davide Van De Sfroos, fino alla leggenda ruvida ed elettrica dei Deep Purple il cui rock si è appena spento, ieri sera, negli amplificatori del City Sound. Ora tocca (domani 23 luglio, ore 21, ingresso 57,50-39 euro) all'elastico, contagioso messaggio musicale fatto di funk, soul e dance degli Earth, Wind & Fire, storica band della musica nera americana, vero e proprio marchio di garanzia di quel genere ballabile fiorito negli anni Settanta all'insegna dell'easy listening mai banale. Anzi, suonato in modo tecnicamente egregio.
Insomma, ballare sì ma senza dimenticare il groove, una sezione ritmica impeccabile dove a produrre musica sono mani vere, e non astute campionature. La folta band di Chicago, fondata da Maurice e Verdine White nel lontano 1969, ormai passata attraverso varie formazioni ma sempre rimasta fedele a un sound riconoscibilissimo, torna sul palco al City Sound milanese con la presenza assicurata di tre nomi storici come Philip Bailey, Verdine White e Ralph Johnson. Dalla musica degli Earth, Wind & Fire - un mix di ritmo, sezioni fiati impeccabili, la voce in falsetto (marchio di fabbrica portato dal giovane Bailey), cori e armonizzazioni vocali coinvolgenti - hanno pescato suggestioni e citazioni generazioni successive di interpreti neri e, come spesso accade, di esponenti della musica hip hop: la cosa non stupisce nemmeno per un attimo se si pensa che dal repertorio della band afroamericana spuntano titoli come September, Fantasy, Let's Groove, After The Love Has Gone, Boogie Wonderland e una delle riletture meglio riuscite e più personali di un brano dei Beatles, quella Got To Get You Into My Life che, nell'album Revolver di McCartney e soci del 1966 nasceva già colorita di soul, ma che nella versione degli EWF, risalente al 1978 (e premiata col Grammy Award), avrebbe acquistato un'anima nuova.
La band americana non produce un album da studio dal 2005 (Illumination) ma questo non le impedisce di girare spesso e volentieri il mondo al ritmo di live celebrativi di più di quarant'anni di carriera: sebbene nati sul finire degli anni Sessanta, gli EWF raccolsero i massimi onori solo dalla seconda metà dei Settanta (con l'album omonimo del film That's The Way Of the World), dividendo il palcoscenico internazionale del genere funky e dance con rivali come Kool & The Gang, i Jacksons (ex Jackson 5) o l'ipercreativo Stevie Wonder.
Una generazione, quella, di straordinari musicisti afroamericani che nobilitarono con la propria creatività e capacità strumentale un genere di facile ascolto, prevedibilmente snobbato dai soloni dell'impegno a tutti i costi tipico degli anni '70, eppure indimenticato per quella sua capacità di portare ritmo e gioia di vivere. Musica che arrivava dritta alle gambe e alla pancia, e che faceva spallucce (rigorosamente ricoperte di paillettes...) alle seriosità del rock progressivo.
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