Luca Pavanel
«Brendel? Certo, mi ha cambiato la vita, molto devo anche alla mia insegnate Bellocchio. Tra le altre cose mi hanno fatto capire che non basta aver vinto qualche concorso per sentirsi qualcuno». Una lezione di vita e di modestia, su come intendere la vita del musicista. Filippo Gorini, poco più che ventenne, da un annetto studia con Alfred Brendel, uno dei più grandi pianisti del Novecento oggi 86enne, che nella sua carriera di docente ha scelto di avere pochi, pochissimi allievi. «Sono stato segnalato a lui durante un concerto, le Diabelli di Beethoven, che ho tenuto a Kirchheimbolandel. Dopo mi ha ascoltato», spiega Gorini. Da quel paesino dalle parti di Francoforte di strada il giovane Maestro, che è uno dei più quotati esponenti della new generation italiana dei pianisti, di strada ne ha fatta altra. E questa sera, nell'ambito della stagione della Società del Quartetto, suonerà al Conservatorio un programma che va da Beethoven («Sonata n.31 in la bemolle maggiore op. 110») a Brahms (7 fantasie op. 116») con chiusura a base di Chopin (24 Preludi op.28») dopo la pausa di rito. «Il primo brano lo scelto perché Ludwig è il mio preferito, un omaggio a lui e a Brendel; poi Brahms, una partitura in cui l'autore esprime una certa problematicità, con dissonanze che non vengono risolte; infine Chopin, dopo un primo tempo più intellettuale, sebbene raffinato e non semplice forse più vicino al pubblico». Un repertorio importante per una rassegna di serie A, roba da ex enfant prodige che sta facendo carriera, anzi che lo è già. «A dire il vero - confessa - non sono mai stato di quei bimbi di sette, otto, nove anni che dopo aver iniziato prestissimo vincono tutto». Diciamo che doveva arrivare il tempo delle scuole medie per cominciare a «scoprire», a fare sul serio.
«Proprio così - continua - fino alla medie, appunto, per me suonare è stato soltanto un gioco o quasi -. Papà in casa suonava spesso, perché ha fatto studi di pianoforte, ma sono stati gli Improvvisi di Schubert interpretati da Alfred Brendel e le sonate di Ludwig eseguite da Wilhelm Kempff che mi hanno fatto innamorare di questa musica». Non solo ascolti però, il piccolo si appassionava a sentire storie di compositori e preso dalla passione a un certo punto si è messo a «leggere tutto quello che mi capitava a tiro, ancor prima di entrare in Conservatorio». Poi gli studi con Maria Grazia Bellocchio (nota anche per il suo impegno nella musica contemporanea, ndr) con cui continua a Bergamo. Poi l'impresa.
Ha superato ben 150 colleghi, tutti più anziani, aggiudicandosi l'arduo Concorso Beethoven di Bonn, primo italiano a ottenere il prestigioso riconoscimento. Insomma è un fuoriclasse della scuola italiana. «Ma forse non c'è una scuola - puntualizza - in Italia ci sono tanti talenti e ognuno ha il suo stile».
Un «Rinascimento» in ordine sparso di cui
a volte si accorgono di più oltreconfine. «Sì, magari ti scoprono all'estero, poi la carriera e i concerti li fai pure qui». La solita storia. E la culla dei talenti è dove la musica è al primo posto, ovvero la Germania.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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