«Ha ucciso mia sorella e invece che in carcere ora sta in una clinica»

«Ha ucciso mia sorella e invece che in carcere ora sta in una clinica»

Hanno rispettivamente 8, 5 e 3 anni. E da 17 mesi vivono a Parma dove fanno parte della famiglia «allargata» di nonni e zii materni, i signori Cancelliere. «Da poco hanno cominciato a chiedere notizie del padre, a interrogarsi sul perché abbia fatto quel che ha fatto alla loro mamma - racconta Livio, avvocato 40enne e zio dei piccoli -. Mio cognato, invece, dal 25 giugno dell'anno scorso, quando ha ucciso mia sorella nell'androne di casa a Legnano colpendola ripetutamente alla testa con un mattarello, non ha mai voluto sapere nulla dei suoi tre figli. Sì, li ha risarciti, ma è finita lì. Avrei voluto andare a trovarlo, sa? A tratti mi sono anche convinto che avrei potuto perdonarlo perché non volevo che da tanto male scaturisse altro male, altra rabbia. Ma lui non ha mai chiesto perdono direttamente alla nostra famiglia o ai bambini per aver ammazzato mia sorella. Ha fatto consegnare dai suoi avvocati una dichiarazione al giudice che non è nemmeno stata letta in aula, in presenza mia e dei miei genitori...».
La vicenda che vede protagonisti il 59enne Roberto Colombo, nato a Bergamo ed ex primario di oculistica nel comasco, la compagna Stefania Cancelliere, 40 anni informatrice scientifica originaria di Isernia, inizia a Legnano un paio di anni fa. L'unione (per entrambi è la seconda) nonostante la nascita di due bambini è agli sgoccioli. Il rancore da parte dell'uomo e la paura della donna sono palpabili per chiunque li avvicini. Al punto che seppure all'epoca la legge sullo stalking non esista ancora, il commissariato locale, viste le denunce inoltrare da Stefania contro il compagno che abita nel suo stesso condominio, ha già provveduto a ritirare all'uomo le armi che tiene in casa. Purtroppo non basterà.
«Ancora mi tornano in mente le parole di mia sorella durante la sua prima gravidanza - spiega Livio Cancelliere -. “Quando ci siamo conosciuti, Roberto sembrava un principe - ripeteva scoraggiata davanti a nostra madre -. Adesso se gli chiedo di essere più presente mi risponde: se ti senti sola vai sul ponte e buttati giù”. Le domandavamo perché non lo lasciasse. “Perché lo amo ancora” rispondeva lei».
Dopo la prima figlia (il figlio maggiore di Stefania Cancelliere era nato da una precedente relazione, ndr) nasce un bimbo. Tuttavia la fine del rapporto è ormai inevitabile. «Mia sorella cercò di vendere casa, per allontanarsi dall'ex compagno che temeva e che abitava proprio al piano di sopra; un sedicente avvocato (in seguito abbiamo scoperto che un legale con quel nome non esiste, ndr) scrisse una mail all'agenzia immobiliare incaricata, dichiarando che l'appartamento era sottoposto a sequestro giudiziario e qualsiasi trattativa di compravendita doveva pertanto ritenersi inopportuna e passibile d'indagine da parte della magistratura».
Dopo l'omicidio Roberto Colombo resta in carcere a San Vittore poco più di un mese. Viene descritto dai suoi legali in un «forte stato di prostrazione», anche se, rileggendo il parere dello psichiatra nominato dallo stesso Colombo e scritto in data 27 luglio 2012 si apprende che «Il dottor Colombo è sconvolto... ma non è depresso al punto da togliersi la vita». Gli avvocati richiedono comunque la revoca della misura cautelare in carcere. E la ottengono. Dal 1° agosto 2012, infatti, l'ex primario è agli arresti domiciliari prima alla clinica «Le betulle» di Appiano Gentile (Como), poi in una struttura per disturbi comportamentali a Varazze (Savona). Il 15 aprile scorso la sentenza di primo grado, al tribunale di Milano. Il pm Isidoro Palma chiede 20 anni, il gip Andrea Ghinetti condanna Roberto Colombo a 17. Una pena che l'uomo sta scontando in un'altra clinica ligure per malati psichiatrici.
«Nell'agosto 2011, Stefania scrisse il proprio testamento, che trovammo dopo la sua morte.

Inizia così: “In caso di mia morte prematura” - conclude tristemente Livio Cancelliere -. Mi dica lei perché una ragazza sana, di 38 anni, avrebbe dovuto scrivere un testamento... Era terrorizzata. E se ci penso adesso, mi vengono i brividi».

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