«Ho inseguito a 100 all'ora chi mi ha strappato il Rolex»

Un uomo reagisce all'assalto della banda dello specchietto. Tra semafori rossi e velocità proibite è riuscito a farla acciuffare

«Ho inseguito a 100 all'ora chi mi ha strappato il Rolex»

«Mi seguivano fin dalla tangenziale, da Assago. Me ne sono reso conto solo dopo». D.O., 51 anni, imprenditore una settimana fa s'è visto soffiare il Rolex Daytona, un orologio da decine di migliaia di euro, col più classico dei trucchi, quello della specchietto. Paura? Neanche un po'. Li ha inseguiti con l'auto su via Washington, ne ha preso uno (che poi ha dovuto lasciare andare perché non aveva con sé la refurtiva), ma lo ha visto e descritto alla polizia. E ora pare che grazie alla sua indicazione sia stato individuato. Anche se lui il suo Rolex non lo ha recuperato.

Dall'inizio. Martedì 30 aprile. D.O è alla guida della sua auto, un'Audi. Sta entrando a Milano. Sulla tangenziale qualcuno cerca di attaccare briga. Ma lui lì per lì non se ne rende conto. «Un tizio su un motorino nero e il casco in testa cercava a tutti i costi di litigare. Una volta ha alzato il braccio per mandarmi a quel paese come se gli avessi tagliato strada. Sicuramente era di posta, ad aspettare». È l'ora di pranzo. D. entra in città, arriva in via Washington, scarica il passeggero, le valigie, lascia l'auto in doppia fila, sale e scende da casa. E tutto questo - col senno di poi - probabilmente sotto lo sguardo dei due malviventi. Quando riparte infatti passa qualche minuto e arriva l'agguato, in via Egadi, al semaforo.

«Avevo un'auto davanti a me. A un tratto arriva il motorino, sbatte contro il mio specchietto e contro quello dell'auto davanti alla mia. Tiro giù il vetro, ma solo poco e velocemente per sistemarlo. Lì arriva il compare. A piedi e col casco integrale in testa mi afferra il braccio per strapparmi l'orologio. “Devi darmelo” mi grida. Ma io non mollo. L'ho tenuto per il casco finché ho potuto». Quando il malvivente riesce a divincolarsi dalla stretta salta sul motorino del complice col Rolex in tasca e fuggono. Ma D. non si da per vinto. Innesca la marcia e parte a tutta velocità all'inseguimento.

Determinato ad acchiapparli, sfida pure i semafori rossi di via Washington ma non li perde d'occhio. Tanto che a un certo punto i due si dividono. Il passeggero scende in corsa dal motorino e fugge a piedi, mentre l'altro continua la sua corsa nella stradina a fianco dell'hotel Marriott. D. sempre dietro. «Sono riuscito a toccarlo con l'auto, lui ha sbandato e si è infilato tra due auto parcheggiate - racconta - allora è salito sul marciapiede ma ha perso l'equilibrio ed è cascato, a quel punto l'avevo raggiunto e l'ho acciuffato». Purtroppo però l'orologio se l'era tenuto il complice e così «l'unica cosa che ho potuto fare è stato guardarlo bene in faccia e lasciarlo andare».

Solo ora D. riesce a chiamare la polizia e denunciare l'accaduto, perché il cellulare durante l'inseguimento era cascato chissà dove in macchina.

«Quando gli agenti di Porta Genova sono arrivati mi hanno fatto il terzo grado, forse pensavano fossi un mitomane. Invece sono stati davvero efficienti. E ora pare che lo abbiano acciuffato. Paura? La paura l'ho vista negli occhi di quel disgraziato e se lo trovo non gliela faccio passare liscia».

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