«Ho perso la testa» Così l'ex carabiniere è diventato un killer

Dopo averlo individuato grazie a una segnalazione, per qualche giorno l'hanno tenuto sotto stretto controllo. Poi, con il solito trucco del mozzicone di sigaretta buttato, o la tazzina di caffé come variante, i carabinieri, anche se non lo ammetteranno mai, hanno ricavato il suo Dna, risultato uguale a quello dell'assassino di Saronno. E mercoledì sera, sono andati a prenderlo a Bollate, mentre comodamente seduto in divano guardava Milan-Psv. Alex Maggio, 32 anni, neppure tenta una resistenza. La sua compagna, qualche anno più grande, rimane stravolta a guardare mentre i carabinieri se lo portano via con un'accusa da ergastolo. In caserma crolla: «Sono stato io, avevo perso la testa».
Il giorno dopo a Bollate, tra i vicini di casa, è tutto un chiedersi chi fosse e cosa facesse. Quasi nessuno se lo ricorda nonostante bazzicasse da quelle parti da circa tre anni. I coinquilini dicono proprio di non averlo mai visto. Quello che abita sotto di lui «Si, forse, qualche volta». In strada, tra i negozianti, a fatica si trova una barista che si ricorda di lui: «Persona normale, buon giorno e buona sera, educato, tranquillo». Non va meglio neppure a Caronno Pertusella, provincia di Varese, dove la famiglia si era trasferita anni fa dalla Puglia. Una giovinezza assolutamente normale, tanto che nel 2001, quando deve partire per il militare, l'Arma non ha nessuna difficoltà ad accettarlo come ausiliario.
Poi qualcosa si guasta e il ragazzo non riesce a imboccare la strada giusta, qualche lavoretto saltuario ma niente di serio e di stabile. Non risulterebbe faccia uso di droghe, forse qualche spinello come tanti giovani, sicuramente non è mai stato segnalato al Prefetto come assuntore di stupefacenti. Incappa però nella giustizia, viene più volte processato per appropriazione indebita, subisce qualche condanna, pochi mesi, abbondantemente coperti dalla condizionale. Ma sempre su denuncia della parte lesa, senza mai essere arrestato o passare per la caserma dei carabinieri. Ed è per questo che, pur essendo formalmente «pregiudicato», le sue impronte non risultano all'Afis, la banca dati nazionale del ministero dell'Interno. Inizia un periodo di vita randagia, lascia la famiglia senza però trovare una sistemazione definitiva. Dorme da amici, un po' a Caronno, un po' a Varese. Tre anni fa conosce una donna, più grande di età, che intende prendersi cura di lui e lo ospita nel suo appartamento di Bollate. Sparendo così dai «radar» dei carabinieri di Varese.
Sabato 3 agosto tenta un inconcepibile, per il suo spessore criminale, salto di qualità, trasformandosi in rapinatore. Punta una gioielleria di Saronno dove arriva non si sa se in treno o in auto con un complice. Ma non è all'altezza di un colpo del genere. Perde la testa, massacra di botte la povera Maria Angela Granomelli, 62 anni, e se ne va con oggetti di scarso valore.

La sua fuga dura 25 giorni, mercoledì sera l'arresto. Incastrato delle impronte e dal Dna confessa subito, poi aggiunge «Non volevo uccidere, ero entrato per fare una rapina, poi ho perso la testa». E la povera Maria Angela la vita.

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