I 3 test sul futuro del laboratorio Milano

Nei voti sulla Costituzione dal 2001 a oggi affluenza alta e risultati forti

Sabrina Cottone

Milano è ancora un laboratorio politico? La domanda se la pongono in molti e la risposta sembra essere proprio sì, dopo i risultati di questo voto. La città infatti non teme il cambiamento e vota a favore della riforma. L'affluenza prima di tutto, molto più alta che in tante altre città, dimostra che la politica interessa e appassiona e la gente è ancora desiderosa di dire la sua. Dopo anni in cui non si vota più per il Parlamento, i cittadini hanno dimostrato di aver voglia di parlare non solo al bar ma anche con la scheda elettorale.

Vediamo come si è comportata la città in passato, nei tre referendum che hanno interessato la Costituzione. Un dogma per alcuni, difficile da mettere in discussione per altri. Un po' meno per i milanesi che in questo campo hanno spesso dato risultati in controtendenza, dimostrando che, almeno per gli elettori, il tabù della Carta intoccabile non esiste e non è mai esistito.

Prendiamo il referendum costituzionale del 2006, quello con il quale il centrodestra guidato da Silvio Berlusconi aveva messo alla prova del voto le riforme. Erano i tempi della cosiddetta devolution, la «devoluzione del potere alla Regioni», un po' il contrario di quel che accade con la riforma Boschi-Renzi che punta su un maggiore centralismo. La riforma 2016 prevedeva anche, tra le altre cose, la riduzione del numero di deputati e senatori, una ripartizione di competenze tra Camera e Senato, un aumento dei poteri del premier. La riforma venne bocciata con un «No» che arrivò al 61,64% contro il 38,36 di «Sì». Se invece a decidere le sorti della riforma costituzionale targata centrodestra fosse stata la Lombardia, la storia istituzionale del Paese avrebbe cambiato corso. Nell'intera regione a vincere fu il sì: 54,5 per cento di favorevoli e 45,4 per cento di contrari.

Anche Milano si dimostrò molto più propensa al cambiamento del resto d'Italia: il «Sì», sia pur senza vincere la competizione, era arrivato al 47, 3 per cento. Ancora più alti i dati della Provincia di Milano, quella che oggi si chiama area metropolitana. Nessun attaccamento morboso alla Costituzione, sentimento allora molto diffuso, non solo tra i giuristi per i quali la carta era vangelo. Milano e la Lombardia dimostrarono ancora una volta di essere un laboratorio, sia pure di un esperimento fallito. In questa retrospettiva, arriviamo al primo referendum costituzionale della storia della Repubblica: il 7 ottobre 2001 gli italiani furono chiamati a decidere sulla modifica al Titolo V, la parte della Costituzione che si occupa di Regioni, Comuni e altre autonomie locali.

Era stato il centrosinistra ad attribuire nuove competenze a Regioni e Comuni, anche se poi la riforma mostrò i suoi limiti nell'altissimo numero di ricorsi alla Corte costituzionale per conflitti di competenza tra poteri dello Stato. In questo caso il Paese disse «Sì» al 64,2 e la provincia di Milano solo al 62,8. Ma la voglia di cambiamento a queste latitudini non era in discussione.

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