Per l'islam milanese è il momento della verità. Il 7 gennaio 2015 sarà ricordato come il giorno in cui sono venuti al pettine i nodi che legano Milano ai suoi 80-100mila residenti di fede islamica.
Radicalismo e moschea. Su questo si schierano i oggi leader più importanti e i responsabili dei centri islamici milanesi. «Chi ha compiuto quel gesto a Parigi è contro il messaggio del profeta» scandisce il leader della Casa della cultura islamica, Asfa Mahmoud, preannunciando che sarà questo oggi il cuore del sermone pronunciato dal suo imam durante la preghiera che riunisce (su quattro turni diversi, per ragioni logistiche) i circa 4mila fedeli che partecipano ogni venerdì alla preghiera. Il centro di via Padova da tempo è riconosciuto in città come un presidio importante di dialogo e tolleranza, tanto da far insignire dell'Ambrogino d'oro il direttore Asfa, che oggi assicura: «La comunità musulmana milanese è in gran parte pacifica, il problema è che pochi delinquenti fanno più notizia dei molti musulmani che vogliono avere, devono avere e hanno una vita pacifica e rapporti pacifici». «Noi - aggiunge - siamo vittime di fatti come questi che per religione, moralità ed educazione condanniamo. Noi musulmani non siamo tutti uguali» aggiunge Asfa, assicurando che per lui «la libertà viene prima di tutto». Che i musulmani siano «le prime vittime» della carneficina di Parigi è convinto anche il coordinatore dei 25 centri islamici riuniti nel Caim, Davide Piccardo, che nel giorno del blitz nella redazione parigina ha manifestato «sdegno» e «orrore» ma oggi non si è fermato alla condanna. «Le grida con cui gli assassini hanno voluto caratterizzare e firmare la loro aberrante impresa - ha scritto - non è altro che blasfemia e forse depistaggio». Poi, commentando la notizia del ritrovamento di un documento di identità perduto da uno degli assassini, ha ironizzato sui «terroristi sbadati». Piccardo inoltre protesta per l'uso dell'espressione «macellai islamici». «È inaccettabile» contesta. «Chi fa una cosa del genere non è un musulmano» taglia corto. E, sempre riferendosi ai killer di Parigi, riflette: «Al momento non c'è alcuna prova tangibile che siano musulmani. Non è accertata la matrice o la finalità di quel gesto». Il depistaggio? «Va tenuto conto di ogni possibilità, bisogna lasciare la porta aperta. È successo spesso». «Questo - precisa - non ha niente a che vedere con la nostra condanna del gesto, che è netta e definitiva».
Il secondo nodo è la moschea. E su questo Piccardo ha annunciato un'iniziativa legale davanti al Tar se il Comune non accetterà (come è ormai accertato che non accetterà) la richiesta delle associazioni affiliate al Caim di revocare e modificare il bando per le tre aree destinate a luogo di culto. Altra scelta non condivisa dalla Casa di via Padova - che d'altra parte non è dentro il Caim. «Io non voglio attaccare nessuno - spiega Asfa - dico solo che il Caim non rappresenta tutto il mondo musulmano italiano, come a volte appare. Bisogna che il Comune assuma la responsabilità di dire chi sono i suoi interlocutori».
«Noi - precisa - siamo soddisfatti per il bando» e la Casa potrebbe addirittura puntare ad avere due aree su due, fra quelle che presumibilmente saranno destinate a ospitare moschee, in via Esterle e a Lampugnano, sulle tre totali messe a bando da Palazzo Marino.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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