Non è solo un problema di sovraffollamento. Le carceri devono essere svuotate perché vengono riempite soprattutto di detenuti inattesa di giudizio e di condannati che potrebbero pagare il loro debito in un altro modo. Questo è il pensiero che Giovanni Canzio, presidente della Corte d'appello di Milano, rende noto ieri presentando il bilancio dell'anno giudiziario 2012-2013. Il carcere deve essere l'extrema ratio, dice ieri Canzio: «Non basta dirlo, bisogna metterlo in pratica per rispondere a esigenze di dignità della persona».
Non è una ovvietà politicamente corretta, quella enunciata ieri dal presidente della Corte d'appello. Le stesse statistiche diffuse ieri da Canzio raccontano di un territorio milanese dove l'assedio della criminalità è pressante, dove alcuni reati sono in diminuzione ma altri in crescita esponenziale: più 17% le concussioni, più 14% pedofilia e pornografia, più 8% rapine, più 431 % le riduzioni in schiavitù. Non è, insomma, una realtà di fronte a cui venga istintivo abbassare la guardia e aprire una stagione garantista. Nelle settimane scorse Canzio è finito nel mirino, accusato - come presidente della commissione ministeriale per le riforme - di avere avallato misure buoniste, che rischierebbero di rendere ardua la lotta alla criminalità. Ieri ribatte: nei piani «non c'è nessun allentamento della difesa sociale», ma «non c'è scritto da nessuna a parte che la unica misura sia il carcere».
In realtà Canzio sa bene che non tutti a Milano la pensano come lui. Lo si vide chiaramente un anno fa, sempre in sede di inaugurazione dell'anno giudiziario, quando già invitò a usare meno il carcere, vista la invivibilità delle prigioni, e il procuratore generale Manlio Minale gli ribattè secco, tra agli applausi, che «continueremo a usare il carcere tutte le volte che la legge lo prevede». Da allora ognuno è rimasto sulle sue posizioni. E Canzio continua a pensare che spesso si usi il carcere preventivo come pena anticipata, e che sia necessario per questo costringere i giudici a motivare meglio gli ordini di custodia e i rifiuti delle scarcerazioni.
Non è, questo, il solo punto su cui Canzio sta faticando a cambiare la faccia della Corte d'appello milanese. Una corte, come dice ieri il procuratore della Repubblica Edmondo Bruti Liberati, dove un tempo non lontano si assisteva «a processi anche importanti che quando arrivavano in appello si impantanavano». Da quando è arrivato a Milano, Canzio ha dato la linea: bisogna produrre di più, e smaltire l'arretrato. I numeri continuano a essere impressionanti: in un solo anno 450mila nuova cause civili e 158mila nuovi indagati in inchieste penali si sono abbattuti sul distretto di Milano.
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