I sindaci lombardi di sinistra? Né con Salvini né coi "ribelli"

Pochissimi disobbedienti, gli altri chiedono modifiche. Gli eletti di Forza Italia difendono il decreto del leghista

I sindaci lombardi di sinistra? Né con Salvini né coi "ribelli"

L'esercito dei "disobbedienti" alla fine non c'è. Tra i sindaci della sinistra vincono i mediatori, i "miglioristi", le colombe. Insomma, quelli che non salgono sulle barricate della rivolta. Così da una parte ci sono i sindaci di centrodestra, compresi quelli di Forza Italia, convintamente dalla parte del decreto - che il movimento azzurro ha votato, ritenendolo "di buon senso". Gli schieramenti in campo quindi sono tre: i pro-decreto da un parte, i ribelli dall'altra e i critici in mezzo. Certo, ai primi cittadini di Pd e dintorni il decreto di Matteo Salvini non piace. Ma più che annunciare rivolte, sulla scia del milanese Beppe Sala anche i colleghi si limitano alla critica, invocando tavoli e modifiche. D'altra parte, lo stesso presidente di Anci Lombardia, il lecchese Virginio Brivio, fin dall'inizio ha mostrato cautela: «L'opposizione ai contenuti di un provvedimento - ha detto - può avvenire per via giuridica e non tramite la trasgressione degli obblighi di legge». Istituzionale anche la posizione di Giorgio Gori, che da Bergamo chiede un incontro sul decreto: «Produrrà più irregolari - ripete - Sono mesi che noi sindaci lo ripetiamo. Il ministro ci convochi per studiare insieme correttivi e soluzioni». E come Brivio anche il cremonese Gianluca Galimberti frena: «Il decreto produrrà nella nostra città più insicurezza, mettendo in difficoltà i Comuni (...), ma la sospensione degli obblighi di legge di un provvedimento approvato dal Parlamento non è nel potere di un sindaco e non è la soluzione adottabile dai Comuni». È la stessa cosa che sostiene il pavese Massimo Depaoli. E il mantovano Mattia Palazzi: «Il decreto - dice - è sbagliato (...) ma io non chiederò ai funzionari del Comune di non applicarlo». La rivolta, quindi, si ferma ai confini della Lombardia, dove i sindaci pronti a disapplicare la legge sono davvero pochi. Quello di Crema, Stefania Bonaldi, avvisa: «Non escludiamo azioni forti, laddove risultino compromessi diritti». A Cesano Boscone Simone Negri è per la linea dura. Il vice portavoce regionale di Fdi Fabio Raimondo sostiene che Negri abbia parlato di «disobbedienza operosa», definendo le sue «parole inaccettabili». «La legge - dice Raimondo - deve essere rispettata ed attuata da tutti gli amministratori e qualunque disobbedienza rappresenta un pericolo per la democrazia». Ma Negri chiarisce di non aver mai detto che non farà applicare il decreto.

Dall'altra parte tutto più semplice. Sono pro decreto, ovviamente tutti i leghisti (Lodi, Cinisello e tanti altri). Ma lo è anche un civico come il sindaco di Sondrio Marco Scaramellini: «I sindaci - avverte - dovrebbero essere i primi la lanciare un messaggio di rispetto delle leggi. Sotto il profilo dei contenuti li stiamo esaminando e valuteremo le ricadute ma ci sembra di capire che vadano nella direzione giusta, e siano in linea con le aspettative dei cittadini. Se poi c'è qualcosa da correggere il governo sentirà le parti e correggerà. Noi riteniamo che la direzione sia quella giusta anche perché si erano create situazioni che andavano risolte. Quanto all'Anci, penso che si muoverà dopo aver ascoltato tutti». Invito velato a evitare faziosità. E in Forza ci sono pochi dubbi. Il sindaco di Monza Dario Allevi ha scritto al presidente di Anci per ribadire che il decreto è uno strumento «utile e necessario per le nostre città». E un dirigente azzurro come Alberto Villa, sindaco di Pessano con Bornago e presidente di un dipartimento di Anci Lombardia, spiega: «Chiediamo che l'Anci tenga una posizione non di parte e che guardi agli interessi dei Comuni. Prima di Minniti c'era una non-gestione dell'immigrazione, finita fuori controllo, tutto era scaricato sui Comuni.

Ora c'è grande polemica sulle norme che riguardano lo Sprar, ma in questi anni il sistema è stato snaturato, e il decreto si limita a riportarlo alla sua natura originaria». Quanto al tema dell'anagrafe, anche qui poco da dire: «Abbiamo sempre sollevato il tema. Vogliono che si rilascino documenti? Lo facciano le prefetture».

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