Cronaca locale

Imam, donne e fact checking. Ma c'è chi non vuole capire...

Il "fact checker" David Puente accusa il Giornale di aver esagerato le parole dell'imam che insegna come picchiare le donne per distogliere l'attenzione dal congresso di Verona. Ma la verità è un'altra

Imam, donne e fact checking. Ma c'è chi non vuole capire...

Di bufale in giro ce ne sono molte: sarà per questo che il «fact checker» di Open, David Puente, pasticcia un po’ quando affronta caso dell’imam in arrivo in Italia. Puente, si sa, si arroga l’improbo compito di stabilire cosa sia vero o falso, ma in questo caso assume come punto di partenza una tesi inesistente e si cimenta con il compito di smentirla.

Il fact checking, detto in altri termini, arriva alla conclusione che l’imam - presto protagonista di un evento a Milano - «non insegna affatto a pestare le mogli con bastoni». Ma l’articolo del Giornale sottoposto a tale rigoroso verifica non afferma affatto che l’imam in questione inciti all’uso del bastone. Come ha spiega chiaramente al Giornale Lorenzo Vidino, uno dei massimi esperti mondiali di islamismo, l’imam Jasem al Mutawa «insegna che la moglie non va picchiata con bastoni pesanti, ma con mano leggera, per farle capire chi comanda». Questo è vero o no?

Puente pretende di smascherare il Giornale puntando su due irresistibili argomenti: il primo è che non sia stato pubblicato il video (guarda qui) - ma non si vede come si potesse farlo col cartaceo - ; il secondo arguto argomento è una sorta di processo alle intenzioni, secondo il quale l’obiettivo del nostro quotidiano sarebbe distogliere l’attenzione dal congresso di Verona. Se Puente avesse sfogliato il Giornale si sarebbe accorto che la notizia è uscita nelle cronache nazionali, e in prima pagina, il 25 marzo, e avrebbe notato che il commento che a suo avviso sarebbe fulcro e obiettivo finale dell’intera operazione è uscito invece due giorni dopo e nella cronaca milanese, sempre a firma dello stesso cronista (non di un editorialista). Strano, per una macchinazione costruita intorno a questa tesi.

Quanto al video, tralasciando i tentativi goffi di smentita che arrivano da settori emotivamente coinvolti dal caso - che prendono in esame solo la prima parte dell’intervista - il «fact checker» di Open il video pare averlo visto tutto, ma non sembra averne colto il senso. Non si vuole ovviamente mettere in dubbio il contenuto della pur singolare nota finale («L’autore di questo articolo è contrario ad ogni forma di violenza contro le donne»). E inoltre nessuno può pensare che su «Open» si voglia minimizzare il problema della misoginia e della sottomissione delle donne.

Allora non c’è altra spiegazione: l’esaminatore non ha colto a pieno il contenuto di tutte le affermazioni rese nell’intervista al canale Iqra. Per esempio le tesi, riportate acriticamente, secondo le quali le donne dovrebbero essere percosse «con un fazzoletto» o «con uno stuzzicadenti», o quella secondo la quale le percosse costituiscono una «cura», un trattamento, in presenza di disturbi come il masochismo. È una terapia dunque? E chi esegue la diagnosi? Per caso lo stesso uomo? E Puente non vede il pericolo che nella categoria «disturbi» finisca anche la donna che viene chiamata «ribelle»? E una donna che risulta «ribelle» agli occhi di una visione patriarcale e oscurantista non è forse, semplicemente, la donna libera?

Nel video, l’interlocutore dell’imam, un altro presunto «sapiente», sostiene che i casi di «punizione» da parte dell’uomo verso la donna siano limitati ai casi di ribellione - si legge su Open - laddove la vita familiare sia paragonabile a un «inferno vivente». Questo stesso «docente», rispondendo all’imam - lo scrive sempre il «fact checker» - spiega che le percosse «dure» si distinguono da quelle «non dure» per il fatto che «non si deve colpire il volto e non si devono causare fratture o ferite». Ebbene, l’imam non prende le distanze in alcun modo, e non mette in discussone - magari interpretandolo alla luce di alcuni secoli di storia - l’assunto secondo il quale la religione ammette l’uso delle percosse. In un passaggio successivo spiega qual è il messaggio delle percosse: in questo modo l’uomo spiegherebbe che non è soddisfatto del comportamento della donna. A Puente tutto ciò pare normale? Sicuramente no.

Volendo arrogarsi il compito di eseguire il fact checking del fact checking, si potrebbe affermare che Puente ha capito una cosa, ma ha incredibilmente sottovalutato tutto il resto. Ha capito che l’imam non incita a usare il bastone, anzi in effetti sconsiglia di farlo per le conseguenze sgradevoli che può avere (per esempio il divorzio) ed è vero anche che Mutawa non ammette una violenza usata per vendetta o con ferocia. In un certo senso è vero che dà l’impressione di voler «normare» questo fenomeno, così come lo farebbe un giurista (della Sharia).

Probabilmente ci saranno anche personaggi che sostengono tesi ancor più estreme e discutibili, ma questo basta? E anche ammesso che l’imam voglia limitare certi eccessi, tutto il resto va bene? Puente scrive che l’imam consiglia «dialogo e comprensione» e che «parla di casi “estremi” in cui potrebbe essere usata senza ferire la donna». Questo lo rassicura? Questo basta? E come suona l’affermazione secondo la quale nessuna donna è mai morta per le percosse? E il trattamento previsto per le donne masochiste? Nulla quaestio? E anche riguardo ai bastoni, è normale che un uomo, un «religioso», affronti in questo modo il tema della «disciplina» da «imporre» in famiglia? In quale televisione di un Paese democratico-liberale sarebbe considerato normale che questo tema fosse affrontato con dei bastoni in mano (sia pure per sconsigliarne l’uso)? Neanche in una parodia, e questa non è una parodia: è uno spaccato di un mondo.

E se Puente volesse approfondire la conoscenza di questo mondo potrebbe visionarne un altro, di video (guarda qui), in cui lo stesso imam, se non si fosse capito di cosa stiamo parlando, spiega la differenza che c’è fra uomo e donna.

Una differenza importante, a suo avviso, che riguarda la capacità di pensare e l’attitudine a pensare prima di parlare.

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