La mostra multimediale dedicata a “Van Gogh alive” allestita alla Fabbrica del Vapore, a Milano, è una svolta nel mondo delle grandi esposizioni d'arte e forse ne rappresenta il futuro. Non è una mostra di quadri – e questo fa arricciare il naso a tanti critici schizzinosi – ma è un grande ambiente semibuio dove i quadri del pittore olandese vengono proiettati su giganteschi schermi di forme diverse, sui quali si muovono, scorrono, si fondono, in sintonia con una colonna sonora molto appropriata. Non c'è nessun timore di piacere e di essere un'attrazione popolare.
I girasoli, gli autoritratti, gli iris, i cieli notturni, i campi di grano avvolgono il visitatore, lo sovrastano, gli passano addosso; anche il pavimento diventa schermo e le figure “vive” si trasformano giochi per bambini, i quali vi si rotolano come se fossero tappeti. Sono in tutto 4mila immagini che ogni 45 minuti ripetono un viaggio fatto non solo di dipinti, ma anche di disegni, di scritti, di fotografie che fanno entrare nel mondo molto singolare di un artista tra i più celebrati nel mondo, morto suicida nel 1890, che nella sua vita aveva venduto un unico quadro. Una mostra così emozionante da far dichiarare a Flavio Caroli, storico dell'arte tra i più autorevoli e stimati: “Ho avuto un capogiro”.
Forse questo omaggio a Vincent Van Gogh indica quale sarà in futuro un nuovo filone di mostre: rivolte più al cuore che al cervello, adatte a grandi e bambini, avvolgenti ed emozionanti, dove anche il particolare più piccolo può diventare un insospettabile, enorme protagonista. Ma anche facilmente trasportabili e prive dei milionari costi di assicurazione tipici delle mostre tradizionali. Le tecnologie adottate (40 proiettori, 8 chilometri di cavi) sono le stesse che il grande pubblico conosce attraverso certi sfondi televisivi, dall'Italia delle meraviglie di Crozza a Che tempo che fa di Fabio Fazio.
La mostra, prodotta da una società australiana e patrocinata dal Comune di Milano, è stata allestita per la prima volta a Singapore, poi è stata spostata a Tel Aviv, a Budapest e negli Stati Uniti. Ora è a Milano e gli organizzatori si aspettano un tale successo da non aver nemmeno scritto sui manifesti la data di chiusura, che comunque è programmata per marzo.
Due le critiche. Primo: la cosiddetta “Cattedrale” della Fabbrica del Vapore, l'ampio spazio dov'è allestita la mostra, dovrebbe essere più buio per dare maggiori emozioni (a Singapore lo era, e le sequenze delle immagini erano anche più vive e articolate).
Secondo: 12 euro d'ingresso sono una cifra elevata per una mostra virtuale i cui costi sono (relativamente) bassi e in gran parte già ammortizzati. Ma non si può negare che un'idea così innovativa possa aspirare, a pieno titolo, ad essere anche un ricco business.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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