Cronaca locale

Impronte, dna, immagini: il killer ha lasciato la firma

C'è grande serenità in via Moscova, segno che i carabinieri hanno già in mano qualcosa che consentirà loro di mettere le mani all'assassino del commerciante di tappeti massacrato nel suo magazzino. Una sicurezza determinata dai tanti indizi lasciati dall'omicida, prima tra tutti le sue immagini «Anche se non chiare», si premurano di puntualizzare gli investigatori, riprese dalla telecamera piazzata sopra l'ingresso del locale, un seminteratto al 7 di piazza Tripoli. E poi impronte, tracce di Dna, tabulati telefonici e soprattutto gli appuntamenti della vittima. Il caso dunque potrebbe essere chiuso a breve.
Non era infatti un negozio aperto al pubblico lo spazio che Parviz Gorjian, 80 anni a dicembre, gestiva in piazza Tripoli. Quello vero, in Bande Nere l'aveva chiuso qualche anno fa per dedicarsi ai vecchi clienti e a qualche affare con le perla e diamanti. A lui e al figlio infatti è intestata un'altra società per l'import export di preziosi con sede in via Falterone. Solo chi lo conosceva bene dunque poteva accedere a quei locali piuttosto appartati, giù da una rampa, poi girare attorno allo stabile, quindi individuare una porta in metallo con una microscopica targhetta in metallo «Carpet Gorjian Parviz». Sapendo anche quando l'avrebbe trovato, poiché i suoi orari erano piuttosto variabili.
Qui nel primo pomeriggio, l'uomo infatti aveva pranzato a casa in via Primaticcio insieme alla moglie Anna, 69 anni, Gorjian ha «aperto bottega», uno scantinato di una trentina di metri quadrati. Su un lato scrivania e scaffali con i faldoni relativi ai movimenti della società, attorno alle pareti almeno 150 tappeti, tutti di un certo valore. L'uomo infatti non era un commerciante qualsiasi, ma un vero intenditore, amava i tappeti li sapeva riparare e soprattutto stimare. Una sua parola significava certezza, anche per gli stessi banditori d'asta.
L'assassino dunque sa dove e quando trovarlo, anche se quando scende quei tre gradini forse non ha intenzione di ammazzarlo. Altrimenti si sarebbe premurato di notare la telecamera posta sopra l'ingresso che lo immortala per sempre. Deve farse parlare d'affari, un acquisto non ancora saldato, un prestito. A un certo punto qualcosa va storto, tra i due nasce un litigio, il visitatore si trasforma in assassino afferra un corpo contundente, forse trovato sul posto, e compisce più volte con furia l'anziano. Poi la fuga, prendendo portafogli e cellulare, forse per inscenare una rapina. Il delitto verrà scoperto alle 21.30 quando la moglie Anna, preoccupata per il ritardo del marito, chiama il figlio Fabio, 36 anni, gli altri due Isaac e Raimondo, vivono in Israele e Stati Uniti. Insieme al cugino Robert, 59 anni, vanno in magazzino e fanno la tragica scoperta.
I carabinieri poco dopo iniziano a raccogliere reperti, impronte e tracce biologiche del possibile assassino, poi visionano le immagini della telecamera sopra la porta confrontandole con quelle delle altre poste in zona ricostruendo il suo possibile percorso. La mancanza del telefono della vittima non è un problema, dai tabulati si può scoprire quali telefonate ha fatto o ricevuto nelle ultime ore. Mentre dall'analisi dei numeri agganciati i zona si potrà ricavare chi è passato in quelle ore in piazza Tripoli.

Una montagna di elementi che potrebbero consentire agli investigatori di chiudere in fretta il caso.

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