Cronaca locale

«Io, l'alter ego di Soleri fin da ragazzo adoravo Arlecchino»

L'attore sessantatreenne debutta al Piccolo nel celebre servitore: «Devo tutto a Ferruccio»

Antonio Bozzo

Gratti Arlecchino, trovi Gilberto Govi. Ma che c'entra il «servitore di due padroni» con il mugugno in dialetto del grande attore genovese? «C'entro io» dice Enrico Bonavera, 63 anni, al Piccolo di via Rovello (fino al 9 giugno) con un classico del teatro di Strehler, Arlecchino di Carlo Goldoni. «Lo interpreto nella messa a punto del suo alter ego storico, Ferruccio Soleri. Che a quasi 90 anni è andato in pensione. Tutti pensavano che per lui sarebbe stato un trauma, invece è felice. Spero venga in sala ad applaudirci».

Stavamo dicendo di Govi.

«Sì, merito suo se ho conosciuto Arlecchino. Mio nonno, impiegato comunale, visse anni a Venezia e si dilettava scrivendo commedie goldoniane. Un hobby nobile. Scrisse anche per Govi. E mi portava a teatro. Avevo nove anni quando mi regalò maschera e abito da Arlecchino».

Quando iniziò a recitare?

«Volevo diventare geologo, ma la passione del teatro mi prese. Erano gli anni '70, praticavo Grotowski, Jarry, il teatro dell'assurdo. Mentre con un gruppo stavo lavorando su Dostoevskij, l'attore Mimmo Chianese mi disse che sarei stato un ottimo Arlecchino».

Chianese vide giusto.

«Aveva seguito i seminari di Soleri. Io quasi mi offesi. Ma a casa, messa la maschera di Arlecchino sul volto, mi sono guardato allo specchio e non ho capito più niente. Era scattata la magia. Imparai i passettini e con il mio gruppo portai Arlecchino nelle scuole di Genova. Un modo per guadagnare qualcosa, con Dostoevskij non facevamo una lira. Il successo nelle scuole mi convinse al grande passo».

Cioè? Bussare al Piccolo?

«Sì, chiamai Soleri per un'audizione. Il suo Arlecchino lo avevo visto in Toscana, durante una tournée estiva. Non mi era piaciuto granché. Soleri fu gentilissimo. Feci due audizioni e finalmente, a metà anni '80, entrai in forza al Piccolo. Molte recite, in molti ruoli, da Brighella ad Arlecchino. Ed eccomi qui, titolare della maschera più goldoniana».

Con Arlecchino ha girato il mondo. Non si sente prigioniero di una maschera?

«No. Questa commedia è lo spettacolo italiano più visto nel mondo. Migliaia di repliche dal debutto nel 1947, con regia di Strehler. Mi sono alternato spesso con Soleri nel ruolo di protagonista, e ora il testimone è passato a me. Però da Ronconi in poi gli attori che lavorano per Arlecchino non vengono utilizzati in altri spettacoli del Piccolo. Così ho lavorato per il Carcano, per il teatro della Tosse di Genova e altre realtà, scritto testi, tenuto corsi di recitazione. Ora andrò in barca con Arlecchino».

In crociera per il Piccolo?

«Ma no. Con la compagnia del teatrante e skipper Francesco Origo, che dalla Sardegna porta spettacoli in barca in giro nel Mediterraneo, metto in scena 'Arlecchin dell'onda'.

Debuttiamo al festival Suq di Genova, a giugno, poi andremo per mare in Grecia».

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