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"Io, prigioniero in casa di mio figlio spacciatore"

La storia di un uomo di 73 anni costretto a vivere insieme al familiare condannato ai domiciliari

"Io, prigioniero in casa di mio figlio spacciatore"

Prigioniero. Tenuto «in ostaggio» in casa propria dal figlio agli arresti domiciliari, che però si sente libero di continuare a spacciare. R.D.O., 73enne della Barona, non riesce più a sostenere una situazione diventata rischiosa per la sua vita: «Al culmine dell'ennesima lite - racconta disperato - mio figlio mi ha minacciato puntandomi un coltello alla gola. Ormai vivo nel terrore barricato in camera. Tengo un bastone accanto al letto».

Più di trent'anni di convivenza con il figlio tossicodipendente e condannato per spaccio hanno indurito l'anziano padre, vedovo, ex rappresentante di commercio di una multinazionale tedesca oggi in pensione. «Non ho mai avuto problemi con la giustizia - spiega -, al massimo una multa. Mio figlio invece ha quasi cinquant'anni e si droga e spaccia da quando ne aveva 17. Una vita dentro e fuori dalla galera. Ma ora la galera è la mia, perché il giudice lo ha messo ai domiciliari e sono costretto a dividere l'appartamento con lui, tra buste di droga nascoste ovunque e la sua ragazza ridotta anche lei a uno zombie che si è accampata qui». Non solo: «Lui di giorno dorme e la notte spaccia, in barba ai vincoli imposti a un detenuto. Possibile che la legge protegga a tal punto i delinquenti e non tuteli assolutamente le vittime? Nemmeno io che sono suo padre credo nel recupero. Come possono i giudici sperare in una simile fesseria?».

È l'esasperazione spingere il signor R. a rendere pubblica la sua storia. Dopo segnalazioni e denunce ai carabinieri: «Sono disponibili e ascoltano i miei problemi. Conoscono il caso di mio figlio, lo tengono d'occhio. Di più però non possono fare, hanno le mani legate». Il pensionato non vuole che si conosca il suo nome perché ha paura per la compagna. «È la donna con cui vorrei rifarmi una vita - continua -. È stata aggredita e derubata tre volte. Il dubbio che c'entri la mia vicenda familiare è forte...». Il calvario comincia quando il figlio di R. è appena un ragazzo ed entra nel tunnel della dipendenza, si fa di marijuana e poi di cocaina. Sono anni di continue liti con i genitori, fughe da casa, richieste di denaro. «Pensavo io al mantenimento della famiglia, con sacrificio ho comprato l'appartamento - ricorda l'anziano -. Quando ho scoperto che vendeva droga ai ragazzi del quartiere, l'ho buttato fuori. Ma mi moglie mi ha pregato di lasciarlo tornare. A quel punto me ne sono andato io». Per anni R. non vede la famiglia. Un giorno la moglie lo chiama e gli dice che è successa una cosa grave: il figlio è stato arrestato perché spacciava ai minorenni davanti a una scuola. Arriva la condanna a nove anni di carcere, dopo sei il giovane viene rilasciato. «Quando mia moglie è morta - racconta ancora il padre -, mi sono occupato di lui in prigione. Finché non ci siamo ritrovati insieme in questa casa, la metà era diventata sua: gliel'ha lasciata la madre». L'ex detenuto riprende la vita di un tempo. Non lavora e nell'appartamento scorre droga a fiumi. «È stato anche in comunità - aggiunge R. -, si è diplomato ragioniere e ha fatto esami all'università. La testa ce l'ha, se non è sotto l'effetto di stupefacenti». Quando l'ormai 48enne viene di nuovo beccato dai carabinieri, si prende un'altra condanna a otto mesi. Gli concedono i domiciliari. Un incubo per l'anziano genitore. «Può ricevere visite periodiche dalla sua ragazza, che invece si è stabilita a casa - dice ancora -. Ora si drogano insieme. L'ho affrontato, perché non la voglio qui e lui mi ha puntato addosso un coltello». Da qui la denuncia per tentato omicidio. Il pensionato se la prende con il Tribunale: «Ho chiesto il suo allontanamento, mi hanno risposto che ci vuole tempo. Mio figlio esce quando vuole, è evaso più volte. Peggio: continua a smerciare cocaina.

Non basta per revocargli i domiciliari? Non vorrei essere proprio io a metterlo in guai peggiori, ma non posso più vivere così». R. chiede di essere liberato: «Sono io in prigione, come un criminale. Ho paura, perché non so in che condizioni rientrerà a casa la prossima volta. Cosa aspettano i magistrati, che scorra il sangue?».

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