«Il killer delle mani mozzate ha ucciso altre due donne»

«Il killer delle mani mozzate ha ucciso altre due donne»

Il giudice aveva promesso a Cinzia e Tina che avrebbe cercato di far luce sulla fine della madre e, dopo aver studiato il caso per mesi, è riuscita a convincere i colleghi di Varese a riaprire il caso di Marisa Maldera, bruciata viva nella sua auto nel 2003. Unico sospettato Giuseppe Piccolomo, marito della vittima e padre delle ragazze, già all'ergastolo per l'omicidio di Carla Molinari e indagato per l'uccisione di Lidia Macchi.
Piccolomo, imbianchino di 62 anni residente a Ispra in provincia di Varese, venne fermato nel novembre del 2009 per il delitto di Carla Molinari, 82 anni, sgozzata nella sua abitazione nella vicina Coquio Trevisago. L'uomo prima di lasciare la scena del crimine mozzò le mani alla vittima che aveva lottato disperatamente, per impedire agli investigatori di trovare sotto le unghie frammenti di pelle. Un trucco che non gli evitò prima l'arresto e poi la condanna all'ergastolo nel 2011 in Corte d'Assise a Varese. L'uomo si dichiarò sempre innocente: «la polizia mi ha incastrato con prove false» e il legale ricorse in appello. L'incartamento passò al sostituto procuratore generale Carmen Manfredda a cui si rivolsero le due figlie: «Guardi che quel mostro, oltre ad averci molestate da piccole, ha ucciso anche nostra madre, per sposarsi con una donna marocchina più giovane».
Il magistrato prese a cuore la vicenda, studiò la vita dell'imbianchino e riuscì a far riaprire ben due inchieste per altrettante donne uccise in provincia di Varese. La prima riguarda Lidia Macchi, scout ventenne uccisa nel 1987 fuori dall'ospedale di Cittiglio con venti coltellate alla schiena a all'addome. La seconda, ancora più raccapricciante, la moglie di Piccolomo, Marisa Maldera, bruciata viva nel febbraio del 2003 a Caravate. La coppia al tempo gestiva due ristoranti, a Caravate e a Coquio. Piccolomo era presente e raccontò poi quel che era accaduto: «Abbiamo fatto il pieno alla nostra Volvo Polar poi, come scorta, abbiamo riempito una tanica da 20 litri. Credo ci sia stata una perdita e poi l'innesco quando mia moglie si è accesa una sigaretta. Ho visto fumo e fuoco nell'abitacolo, mi sono fermato sono sceso e le fiamme hanno avvolto la vettura, senza lasciarmi modo di salvare mia moglie». Un comportamento che costò a Piccolomo una condanna a 15 mesi per omicidio colposo. Dopo poco tempo, superato senza traumi dolore e rimorso, sposò una giovane tunisina. Poi il delitto Molinari, l'arresto, la condanna in primo grado.
In febbraio la vicenda approdò alla Corte d'Assise d'Appello, trovando appunto il giudice Manfredda come pg. A lei si rivolsero subito le figlie, spiegando cosa avesse fatto loro da piccole: «lui ci portava nel letto, ci toccava e poi si masturbava», le botte alle madre e forti sospetti sulla sua fine. La pg ottenne la conferma della condanna all'ergastolo, poi la riapertura di due inchieste, grazie alle «raccomandazioni» spedite in procura a Varese.

Prima la vicenda Macchi ora quella Maldera. Proprio nei giorni scorsi infatti pm Luca Petrucci ha chiesto la riapertura del caso, domanda prontamente accolta dal gip Stefano Sala. Altri due ergastoli potrebbero dunque attendere il «killer delle mani mozzate».

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