L'Asl lancia l'allarme «Slot e videopoker, boom di minorenni»

In città anche tra i più giovani aumentano i casi di ludopatia E uno studente su 5 scommette

Maria Sorbi

Sale sul tram con la testa bassa. Lo sguardo è fisso sullo smart phone, il dito scorre velocissimo sullo schermo. Lui avrà al massimo 17 anni. E non sta guardando la bacheca di Facebook, sta giocando a poker texano. On line.

Il gioco d'azzardo, soprattutto sul telefonino, dilaga tra gli adolescenti e il numero dei baby giocatori è in aumento: in base a un'indagine svolta dallo studio Hbsc su 63mila studenti italiani, il 30% ha puntato soldi alle slot o ha scommesso denaro nel mese precedente. In Lombardia la percentuale si aggira attorno al 22% e stupisce vedere che anche i quindicenni abbiano una certa dimestichezza con il gioco: dalle scommesse sportive al Totogol, dal Gratta e vinci (amato soprattutto dalle ragazze) al Bingo e al poker on line. C'è anche chi gioca quattro volte alla settimana, chi investe la paghetta e chi lo fa di nascosto dai genitori, magari usando il loro «conto gioco». E, a 18 anni appena compiuti, si fionda in una sala slot.

«È un fenomeno preoccupante - sostiene Riccardo Gatti, responsabile del dipartimento dipendenze patologiche dell'Asl - ma non succede per caso. Nel momento in cui c'è una forte pressione pubblicitaria sul gioco, aumenta la percentuale di chi ci casca». E gli adolescenti, assieme agli anziani, sono le nuove vittime dell'azzardo, in cerca di una vincita facile che sembra «sfiorata» a ogni giocata ma che non arriva mai.

«Per rendersi conto della portata del fenomeno - fa notare Gatti - non bisogna solo considerare il numero di persone prese in carico dai servizi sociali ma anche l'enorme quantità di denaro che passa per il circuito delle cosiddette macchinette. Se è vero, come è ipotizzabile, che il riciclo di denaro passa da lì, allora ci siamo presi il peggio con la decisione di legalizzare il gioco d'azzardo per levarlo dalle mani delle mafie».

Mentre i cartelloni pubblicitari invogliano al gioco con caratteri cubitali e promesse di guadagni facili, sono in aumento i bar «no slot». Quelli che propongono giochi in scatola per bambini al posto delle slot. In Lombardia, dal 2014, i bar con le «macchinette» sono scesi da 16mila a 14.700. Resta invece una realtà difficile da classificare, in cui i giocatori raramente ammettono di avere un problema con l'azzardo e non si rivolgono né a centri né a strutture per essere disintossicati. In Lombardia i giocatori patologici in terapia sono 2.100. Ma quelli «border line», al limite delle dipendenza, pare siano molti di più. Un sottobosco silenzioso che, solo a Milano, sembra coinvolgere 24mila persone. Dalle casalinghe, ai pensionati, dai lavoratori precari ai giovanissimi. «Il dipartimento delle politiche antidroga - spiega Roberto Mancin, responsabile dell'osservatorio sulle dipendenze dell'Asl - stima che i giocatori problematici siano tra lo 0,5% e il 2,2% della popolazione.

A Milano però abbiamo constatato che questa percentuale sale al 3%, con oltre 20mila persone». La strada da fare per aiutare gli slot-dipendenti è ancora parecchia: dei 2.100 iscritti ai corsi per disintossicarsi, solo il 40% completa il percorso. Gli altri mollano prima.

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