Buona preparazione, ma insufficiente per affrontare il mondo del lavoro e poco attenta alle esigenze delle aziende. Il risultato? Il 54 per cento degli studenti è fortemente preoccupato per il futuro lavorativo nel nostro Paese, mentre il 20 immagina una carriera fuori dall'Italia.
È questo il giudizio di studenti, genitori e docenti delle scuole secondarie in Italia. A scattare la fotografia di cosa si pensa in Italia dell'alternanza scuola lavoro e stage è l'indagine di Nestlé «Giovani e Lavoro» promossa in occasione della Settimana europea della formazione professionale. Secondo i dati raccolti da Toluna, su un campione di 800 giovani tra i 17 e 18 anni, 200 genitori e 100 professori di scuole superiori servirebbero lezioni più pratiche (lo dice il 58 per cento degli studenti intervistati) e laboratori e simulazioni lavorative anche in aula (per il 50 per cento degli studenti e il 45 per cento dei docenti). A questa esigenza sembra poter rispondere l'Alternanza scuola-lavoro che ha coinvolto il 62 per cento degli studenti, confermandosi la principale attività di preparazione per la ricerca di un'occupazione. Altri strumenti di orientamento sono gli incontri in aula con professionisti (29 per cento), le visite in azienda (25 per cento) e gli stage curriculari (24 per cento).
Per quanto riguarda l'esperienza diretta dei ragazzi, il 68 per cento racconta di essere stato davvero affiancato dal personale, durante il periodo di alternanza, scoprendo le diverse figure e mansioni di un'azienda, anche se il 26 per cento ha confessato di aver eseguito lavori poco formativi, oltre che gratificanti, come l'inserimento dati e accoglienza e l'attività di receptionist (13 per cento). Giacomo Piantoni, direttore risorse umane di Nestlé, ricorda come grazie a stage, tirocini e attività di formazione e orientamento, dal 2014 ha assunto più di 1.600 under 30 e coinvolto 6mila studenti in programma di Alternanza scuola-lavoro. «Con i ragazzi svolgiamo tirocini di qualità con tutor che li seguono sempre, svolgono lavori di gruppo e imparano oltre agli aspetti tecnici anche le cosiddette soft skills, quindi collaborare in gruppo, creare, sviluppare una capacita critica», ha concluso.
Sull'altro versante, per quanto riguarda le competenze che le aziende richiedono sempre di più ai ragazzi ci sono la flessibilità (96 per cento) seguita dalla capacità di lavorare sia in gruppo che autonomamente (lo chiede oltre l'80 per cento delle aziende), il problem solving (80 per cento) e competenze per intervenire sulla sostenibilità ambientale (78 per cento). La dimostrazione? Gli ultimi dati sulle assunzioni del 2018 secondo l'elaborazione della Camera di Commercio di Milano Monza Brianza e Lodi, condotta insieme a Unioncamere e Anpal. Sotto il profilo tecnico le aziende chiedono anche competenze digitali (66 per cento), conoscenza delle lingue straniere (50 per cento) e uso di tecnologie 4.0 per innovare i processi (40 per cento).
Il problema? Una formazione troppo teorica, appunto, di cui si rendono conto anche gli stessi studenti e che viene evidenziato dalla aziende come un forte gap tra la formazione scolastica e le loro esigenze.
Ecco perché la Camera di commercio collabora con le aziende, tra cui Nestlé e con «l'Ufficio regionale scolastico per formare i docenti», ha spiegato Paola Amodeo, responsabile dell'Alternanza scuola-lavoro per la Camera di commercio.
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