Cronaca locale

La liaison tra la Duse e il Vate al Diurno stile cafè chantant

Oggi e domani al Cobianchi la lettura dell'epistolario fra l'attrice e D'Annunzio. Con un sottofondo lirico

Elena Fontanella

È l'estate del 1922. Milano è in fermento. La città è campo aperto di scontri violenti culminati la sera del 3 agosto con il fallimento dello sciopero generale. Gabriele D'Annunzio dal balcone di Palazzo Marino pronuncia il discorso «Agli uomini milanesi per l'Italia degli italiani»; l'eroe mutilato, glorioso vate guerriero, lancia un suo estremo tentativo di scongiurare la guerra civile. Alle spalle della folla che invade le strade si consuma l'epilogo di una particolare storia d'amore.

Eleonora Duse si sta esibendo con la compagnia di Zucconi negli Spettri di Ibsen. I due si incontrano un'ultima volta dopo anni di totale distacco. L'ultimo atto si era consumato a Milano quando Irma Grammatica sostituì la Duse nel debutto al Lirico della dannunziana La figlia di Iorio. Era il 2 marzo 1904.

L'incontro si svolge all'Hotel Cavour dove s'intesse una corrispondenza consegnata a mani da camera a camera. Come sempre tra loro è la carta a parlare. Le parole scivolano e si rincorrono nelle stanze confessando, tra le lettere, un sentimento che travalica l'amore, trasformandosi per D'Annunzio in pura adorazione. Il Vate si mostra, in fine, devoto sacerdote di un culto che nella Divina vede la personificazione stessa del Teatro.

Per conquistare Eleonora il trentenne Gabriele D'Annunzio di lettere ne aveva scritte oltre duemila. Affronta il suo potere seduttivo a Venezia nel 1894 e l'attrice si trasforma per il Vate in imprenditrice e alleata. Entrambi sono individualisti, anarchici, narcisisti. Entrambi hanno un vissuto di disastri amorosi. Per D'Annunzio Eleonora è «la donna e il teatro, due potenze che insieme rapiscono l'infinita dolcezza al paradiso, all'inferno il tormento infernale... era più forte di lui». Cinque sono gli anni della loro relazione tra il 1894 e il 1899 e cinque le opere scritte da D'Annunzio per lei che Eleonora rifiuta di interpretare. Alla Divina va l'onere della doppia rappresentazione nella scena e nella vita di una storia d'amore e di teatro di per sé ingestibile: «nell'illusione di vivere», «nell'illusione di comprendere». Lei attraversa l'Europa tra continui trionfi, lui mastica amaro titubante e ansioso chiuso alla Capponcina. Lei rifiuta di rappresentare la Gioconda a Berlino. Lui si sente colpito da lesa maestà. È l'epilogo. Per d'Annunzio il «Fuoco» si trasformerà in un romanzo di accusa alla sua stessa Musa. I due si separeranno nella vita riunendosi temporaneamente nell'arte. Proprio quando Gabriele pensa di averla in pugno artisticamente lei non ne vuole più sapere. La figlia di Iorio composta per Eleonora debutterà al Lirico di Milano con Irma Grammatica. La separazione sarà definitiva.

Questa storia d'amore vergata a mano, fatta di adorazioni e maledizioni, di menzogne e di autenticità è finemente scandagliata nel profondo dal recente saggio di Annamaria Andreoli dal titolo «Più che l'amore» edito da Marsilio che viene presentato dall'autrice stasera alle 18,30 al Circolo della Letteratura e delle Arti di Milano Cobianchi in piazza Duomo 19/a.

Da quel particolare incontro milanese del 1922 trae spunto la messinscena di Più che l'Amore su sceneggiatura di Annamaria Andreoli che verrà rappresentata oggi e domani alle 20 allo Spazio Cobianchi Galleria (Via Tommaso Grossi angolo Galleria Vittorio Emanuele).

L'immobilismo dell'azione dei tableaux vivants che immerge gli attori in un tempo sospeso dilatato all'infinito in cui rivivere ricordi ed emozioni non poteva trovare quinte maggiormente suggestive che le antiche boiserie dello storico Diurno Cobianchi recentemente riaperto al pubblico in piazza Duomo a Milano.

Lo spettacolo con cena su memoria degli storici caffe chantan offrirà la particolare rilettura epistolare della storia d'amore tra il Vate e la Divina, interpretati da Annig Raimondi e Antonio Rosti ridisegnando storie e psicologie che la storia della letteratura sembrava aver reso immutabili.

Lo spettacolo sarà accompagnato dai versi del Vate musicati da Francesco Paolo Tosti interpretate dal soprano Irina Kapanazde e dal tenore Matteo Cammarata accompagnati al pianoforte da Gian Francesco Amoroso.

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