Licia Maglietta racconta Amati Enigmi della vita

Licia Maglietta  racconta  Amati Enigmi della vita

Siamo autorizzati a non conoscere Clotilde Marghieri. Scriveva per Il Mattino e il Corriere della Sera e altri quotidiani quando imperava Matilde Serao. Esordì con un romanzo a 63 anni, nel 1960, e vinse il Premio Viareggio nel 1974 con Amati enigmi, da cui Licia Maglietta ha tratto l'omonimo lavoro in scena al Franco Parenti fino all'11 marzo. «Io stessa non la conoscevo», dice Maglietta. «Mi conquistò alla prima lettura. Una scrittrice asciutta, limpida, elegante ma non sofisticata. Con modi dialettali della terra vesuviana sapientemente dosati in pagina. Il testo di cui curo drammaturgia e regia, oltre che interpretarlo, prende spunto dalla grande età. La vecchiaia. Non l'anticipo della rottamazione personale, come oggi vogliono farci credere, ma il periodo in cui si può far tesoro di ciò che è stato». Lo spettacolo è senza orpelli, Licia Maglietta dovrebbe recitarlo con le gambe penzoloni dal palcoscenico, anche se al Parenti, per la conformazione della sala, non è stato possibile accontentarla. «Il romanzo - continua Maglietta - è in forma epistolare. L'autrice scrive a un Jacques scespiriano e sfoglia tutti gli incontri significativi della sua vita. Sono quelli gli enigmi di una lunga esistenza. Vale per tutti noi, soprattutto quando ci avviciniamo all'età dei bilanci. Rivediamo chi ci ha illuso, chi abbiamo amato, chi ci ha nascosto la sua verità». Il monologo è accompagnato dal magico mandolino di Tiziano Palladino. Se nella Grande Età si possa compiutamente vedere la trama del destino che ci riguarda resta un enigma, anche se Licia Maglietta ne è convinta. «È il momento - sostiene - di sublimare sconfitte e dolori in conoscenza». E anche diventare più sinceri, a partire dal monologo con se stessi. Maglietta è ancora distante dall'età ultima: splendida donna non più ragazzina riesce a calarsi nella parte con la consueta bravura.

E a far venire voglia di scoprire una scrittrice che ebbe una lunga relazione epistolare con il re dei critici d'arte, Bernard Barendson; Rusconi pubblicò le lettere negli anni Ottanta, se tra i nostri lettori ci sono bibliofili suggeriamo, per amore della cultura, di cercarle.

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