Cronaca locale

L'Italia raccontata da 90 anni di Mamma Rai

L'Italia raccontata da 90 anni di Mamma Rai

C'era chi scopriva le meraviglie d'Italia nei mitici Intervalli sulle note del Paradisi. Chi aspettava con erudita curiosità l'Almanacco del giorno dopo. C'eran quelli che si va a letto dopo Carosello, quelli che il sabato sera era Fantastico e il lunedì Film, quelli che l'orgoglio tricolore aveva la cadenza di Nando Martellini e il progresso quella di Tito Stagno, che Non è mai troppo tardi e che prima di votare c'era Tribuna politica. Intere generazioni che la Rai ha aiutato a sentirsi parte di un paese che costruiva il proprio futuro.
Un immaginario collettivo ben ricostruito nella mostra «1924-2014. La Rai racconta l'Italia», che celebra i 90 anni della Radiotelevisione italiana e dopo il successo della tappa romana, chiusa un mese fa al Vittoriano, martedì approda a Milano, in Triennale, fino al 15 giugno (ingresso libero). Curata da Costanza Esclapon, direttore Comunicazione Rai, Alessandro Nicosia, presidente di Comunicare Organizzando, e Barbara Scaramucci, direttore Rai Teche, non si limita a raccontare la storia di un'istituzione che iniziò come Uri il 27 agosto 1924 per diventare Eiar nel '27 e Rai, con l'esordio televisivo, il 3 gennaio del '54. Di questo si occupa solo la prima sezione, «La Rai: una bella impresa italiana», arricchita da documenti rari, preziosi materiali d'archivio (una chicca gli ordini di servizio di epoca fascista, con l'intimazione di non usare più il «lei» in trasmissione), e da un set anni '70 fedelmente ricostruito in ogni dettaglio grazie agli apparecchi originali del Museo della radio e della televisione di Torino. Le altre 8 sono declinate per temi, e affidate ciascuna a un testimonial d'eccezione: Sergio Zavoli per la Storia dell'informazione, Emilio Ravel per lo Spettacolo, Andrea Camilleri per la Cultura, Piero Angela per la Scienza. E ancora, Bruno Vespa alla Politica, Piero Badaloni alla Società, Arnaldo Plateroti all'Economia e Bruno Pizzul allo Sport. Lo spazio museale è un caleidoscopio di emozioni e ricordi: radio, tv e telecamere d'epoca, disegni, manifesti, bozzetti, come quelli per «Giovanna, la nonna del Corsaro Nero», programma per ragazzi anni '60, tavole illustrate (curiose quelle de «I quattro moschettieri», di Nizza e Morbelli, storica rivista radiofonica), copioni manoscritti («L'albero degli zoccoli», 1978) e, recentissimo, il Leone d'oro vinto l'anno scorso a Venezia da Gianfranco Rosi.
Da non perdere, a metà percorso, i costumi e gli abiti di mostri sacri della nostra tv come Mina, Pippo Baudo, Renato Zero, Raffaella Carrà, Heather Parisi, le gemelle Kessler, e le nove postazioni interattive. Molti anche i pezzi d'arte: dal modellino del famoso cavallo Rai, realizzato da Francesco Messina nel 1961, a opere di Guttuso, De Chirico, Casorati, Nespolo, Cremona, Campigli, Vedova, Turcato e altri.

Una «mostra nella mostra» è quella sulla radio, curata da Marcello Sorgi, con tante testimonianze e curiosità.

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