Lotte e scontri, dal '68 al processo a Trimarchi

Lotte e scontri, dal '68 al processo a Trimarchi

Serve andare davvero tanto, tanto indietro nel tempo per trovare un precedente a quanto sta accadendo in questi giorni alla Statale. Perché l'università di via Festa del Perdono ha vissuto tempi convulsi e anche violenti - ben più di questi di oggi - ma mai, negli ultimi quarantasei anni, si sono bloccate le lezioni. Accadde una volta sola, nel 1968, quando dopo avere occupato la Cattolica il Movimento studentesco si impadronì anche della Statale: e l'immagine simbolo di quel che accade in seguito è una foto di Uliano Lucas, con i reparti della Celere che attaccano l'entrata dell'ateneo su via Francesco Sforza, e un candelotto lacrimogeno è immortalato nel suo viaggio verso le finestre. Da allora mai, anche nei momenti più caldi, si è arrivati a chiudere l'università e a bloccare le lezioni: come se la regolarità dell'insegnamento fosse un valore condiviso da entrambi i fronti - gli studenti e l'istituzione - che si scontravano frontalmente.

Oggi evidentemente non è più così, se la serrata è l'unico rimedio che il rettore Gianluca Vago vede all'irruzione annunciata degli antagonisti. E colpisce che a questo punto non si fosse arrivati neanche negli anni in cui in via Festa del Perdono circolavano alla luce del sole le chiavi inglesi dei «katanga», il rude servizio d'ordine del Movimento studentesco. Le lezioni dovevano e potevano continuare. Certo, la condizione era che si insegnasse, e soprattutto si tenessero esami, secondo le condizioni imposte dall'Ms: lo sperimentò sulla propria pelle Pietro Trimarchi, professore di diritto, che aveva l'abitudine di scrivere sul libretto degli studenti anche le insufficienze, e per questo venne aggredito e sequestrato. Va detto che qualche colpa nelle prepotenze del Movimento le avevano anche quei docenti che, per convinzione o quieto vivere, assecondavano le pretese degli studenti: «Qualche pavido, qualche uomo guida in buona fede, qualche furbo», li descrisse efficacemente il rettore di quegli anni, Romolo Deotto. Si imponevano il «diciotto politico», gli esami di gruppo, le «ricerche alternative parziali». I docenti subivano. «Silente - scrisse Deotto - la Procura della Repubblica davanti alle denunce inoltrate». Clima cupo, insomma. Dovette accorgersene anche il nuovo rettore, Schiavinato, anche lui sequestrato da tre dell'Ms che volevano imporgli la concessione di alcune aule. I fascisti o presunti tali non potevano entrare, e i «katanga» controllavano gli ingressi. Ma mai, dopo l'occupazione del 1968, la Statale arrivò a chiudere i battenti.

Piccole e un po' patetiche, confrontate alla fosca potenza di quegli anni, sono le imprese di epigoni più recenti: l'Onda che nel 2008 occupa un'aula contro la riforma Gelmini, i

centri sociali che nel 2013 si impadroniscono della libreria Cuem. Ma qualcosa evidentemente ha convinto il rettore che in questi giorni si stesse preparando di ben peggio, e che non ci fosse altra strada che chiudere tutto.

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