Macché referendum, tocca al sindaco decidere il commento 2

Tra i topolini partoriti dal conclave convocato sabato dal sindaco Giuliano Pisapia all'Acquario per rafforzare, ha detto così lui al termine, «la coesione della squadra e della maggioranza di centrosinistra», c'è anche la decisone di affidare a un referendum la decisone di come spendere i soldi attesi dalla vendita di una quota di A2a. Uno di quelli che un tempo la sinistra definiva i «gioielli» dei milanesi ed era sempre pronta a gridare allo scandalo quando giunte di centrodestra solo si azzardavano a lontanamente immaginare la possibilità di una qualche cessione. Oggi che al potere ci sono loro e i soldi vanno a rimpinguare le casse esangui del Comune a gestione rosso-arancione, pecunia non olet. E anche il mercato non è più Satanasso.
Ma quel che colpisce è anche quest'orgia di primarie. Un contagio. Nulla si può oggi decidere senza urne e gazebo. Bisogna votare su tutti e su tutto. Libertà è partecipazione, diceva un Giorgio Gaber che da quando è passato a miglior vita la sinistra vorrebbe scippare. Ma per una città peggio della tirannide, diceva già Platone, c'è soltanto la democrazia che degenera in demagogia. Nelle Leggi e nel Politico diceva di un «comportamento che attraverso false promesse vicine ai desideri del popolo, mira ad accaparrarsi il suo favore». E cosa c'è di più demagogico che dare ai cittadini l'illusione di essere sindaco per un giorno? Di poter decidere il destino della città, pur senza averne mezzi e soprattutto competenze. «No, grazie» sarebbe da rispondere a Pisapia che ci chiederà cosa fare di quei 65 milioni di euro incassati dalla vendita di A2a. Forse che andando dal medico qualcuno ha mai fatto un referendum tra gli infermieri o i pazienti presenti nell'ambulatorio per decidere se sia il caso o meno di essere operati? O qualcuno per costruirsi la casa ha mai messo da parte l'ingegnere per affidare i calcoli strutturali a una consultazione democratica tra gli abitanti del quartiere? Che democrazia sarebbe far votare per decidere se sia più urgente per la città lo scolmatore a Niguarda o qualche casa popolare in più? Fossero di più gli abitanti di Niguarda, è chiaro che vinceranno. Che democrazia è questa? È il sindaco, dopo aver sentito assessori e tecnici che si deve assumere l'onere di decidere. È il suo lavoro. È stato votato per questo. E non saremo tanto volgari da dire che per farlo prende pure uno stipendio. E perché, sindaco Pisapia, le tasse le aumenta senza bisogno di referendum?
Perché oltre che partecipazione, la democrazia è responsabilità. E forse proprio questo è il valore che si è andato perdendo: quella responsabilità che la sinistra ha a lungo demonizzato mascherandola da autoritarismo. Decidere non è conculcare la libertà altrui.

Il capitano di una nave ha il dovere di timonarla nel porto sicuro, soprattutto nel mezzo di una tempesta. E nessun marinaio gli rimprovererà le decisioni prese. Sicuramente non quelle giuste. E se fatte in buona fede, nemmeno quelle sbagliate.

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