Via da Malpensa Per Alitalia sarà l’ultimo volo

«Una scelta contraria ad ogni logica di mercato» è stato il commento di Letizia Moratti, che di gestione aziendale se ne intende, alle decisioni dell'Alitalia sul futuro di Malpensa. Formigoni ha parlato di «attacco al Nord», Davide Boni, capogruppo della Lega al Pirellone, di «decisione suicida» e il sindacalista Dario Ballotta di «regalo alle compagnie straniere». Hanno ragione, ma c'è anche di peggio: nel disperato tentativo di evitare il fallimento, Alitalia si è arresa alle pressioni della lobby romana, favorendo sfacciatamente Fiumicino nei confronti di Malpensa. Sebbene le cifre relative al traffico intercontinentale indichino senza ombra di dubbio che il mercato principale per questi voli è al Nord e che togliendo all'aeroporto milanese la funzione di hub si perderanno molti più passeggeri che togliendolo a quello della capitale, il signor Prato e i suoi colleghi non hanno avuto dubbi. Del resto, che cosa ci si poteva aspettare da un uomo appena nominato dal governo Prodi? A Roma governa il centrosinistra e a Milano il centrodestra, il governatore del Lazio è dell'Ulivo e quello della Lombardia di Forza Italia, e l'Alitalia, essendo ancora proprietà del Tesoro, ha obbedito (come del resto fa da sempre) a criteri politici anziché a criteri commerciali. L'unica consolazione è questa: Malpensa, che ha appena conquistato il titolo di aeroporto più puntuale d'Europa, riuscirà senz'altro a prosperare anche senza avere l'ormai ex compagnia di bandiera come riferimento (oggi è responsabile per circa il 50 per cento del traffico dei due aeroporti milanesi), mentre l'Alitalia, avendo imboccato la strada senza ritorno del taglio dei voli e del ritiro di un certo numero di aeromobili senza - secondo un primo calcolo - una riduzione dei dipendenti corrispondente, ha fatto un altro passo verso la chiusura.


Nessuno nega che l'Alitalia, con le perdite che accumula ogni giorno e risorse appena sufficienti per arrivare a fine anno, dovesse adottare provvedimenti drastici. Dopo il clamoroso (e umiliante) fallimento dell'asta, bisognava guadagnare tempo in attesa che arrivi un qualche ipotetico cavaliere bianco per salvare ciò che resta (...)

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