"Manifestazione fascista? Un diritto ricordare i morti"

Il presidente di Lealtà Azione difende i militanti «Il saluto romano nella commemorazione non è reato»

"Manifestazione fascista? Un diritto ricordare i morti"

«Manifestazione fascista», pena fino a tre anni di carcere e «manifestazione non autorizzata», altri sei mesi. Questa è l'accusa che la Procura muove a undici (per ora) dei militanti di destra che il 29 aprile hanno partecipato a Musocco alla commemorazione dei 1.432 caduti della Repubblica Sociale Italiana sepolti nel Campo X del cimitero Maggiore. L'identificazione degli altri partecipanti si sta rivelando problematica, ma a risolvere le difficoltà potrebbero provvedere gli stessi protagonisti: «Se l'inchiesta andrà avanti, ci autodenunceremo tutti», spiega al Giornale Stefano Del Miglio, presidente di Lealtà Azione, uno dei gruppi che insieme a CasaPound hanno dato vita all'iniziativa.

Vi aspettavate di venire incriminati?

«Assolutamente no, perché eravamo e restiamo ancora convinti che non ci siano gli estremi per configurare nessun tipo di reato, viste le numerose sentenze di assoluzione che sono state già pronunciate per situazioni simili a quella del Campo X. Non ci aspettavamo una reazione giudiziaria; ci aspettavamo ovviamente che ci fosse una reazione politica. Ma in fondo anche questa incriminazione è più un gesto politico che giudiziario».

Però, sottigliezze giuridiche a parte, resta che il saluto romano è un gesto dichiaratamente fascista.

«Prima di tutto sono curioso di vedere come dimostreranno chi ha fatto e chi non ha fatto il saluto romano. Comunque faccio presente che si tratta di un gesto che nasce ben prima del Fascismo perché ha duemila anni di storia. Oggi è semplicemente un saluto che facciamo in ricordo dei nostri morti. La Cassazione ha stabilito che c'è apologia del Fascismo solo in situazioni pubbliche e che una commemorazione funebre non rientra in questi casi. Noi comunque lo facciamo e continueremo a farlo perché fa parte della nostra storia».

Anche riorganizzare il partito fascista fa parte della vostra storia?

«Essere fascisti nel 2020 è anacronistico e fuori luogo, non serve assolutamente nulla e comunque essere fascisti in Italia non è un reato. Che si possano riconoscere in quel periodo storico delle radici sociali valide ancora oggi è un dato di fatto. Ma nessuno vuole riorganizzare nulla».

Siete andati a Musocco quattro giorni dopo che il prefetto vi aveva proibito di andarci in occasione della Liberazione. Un provocazione, si è detto.

«Qualunque data avessimo scelto sarebbe stata presa come una provocazione. Noi il 29 siamo andati al Campo X senza pubblicizzarlo, senza voler creare nessun caso. Se avessimo voluto provocare, ci saremmo andati il 25 aprile sfidando il divieto del prefetto. Invece abbiamo scelto di andarci in silenzio, per pochi minuti, quando nessuno ci vedeva. Se anche questa è considerata una provocazione, allora va bene».

Come avete fatto a organizzare mille persone all'insaputa delle forze dell'ordine? A sinistra qualcuno ipotizza che in realtà la questura sapesse e vi abbia lasciato fare.

«Noi per la

cerimonia del pomeriggio del 29 non abbiamo comunicato alla Digos assolutamente nulla. Se poi qualcuno in questura avesse annusato cosa stavamo preparando e abbia deciso di lasciar fare, questo dovete chiederlo alla questura».

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