Maroni: «Io minacciato per le luci del Family day»

Il presidente: «Non capisco perché Pisapia può illuminare il Comune per le adozioni delle coppie gay e nessuno critica». Il caso Boldrini

Sabrina CottoneRoberto Maroni minacciato per aver voluto illuminare il Pirellone in favore del Family day. Il presidente della Regione sarà anche tra i partecipanti alla manifestazione che sabato 30 gennaio invaderà il Circo Massimo per protestare contro il ddl Cirinnà: unioni civili sostanzialmente equiparate al matrimonio e stepchild adoption (ovvero adozione del figlio del compagno di chi con la nuova legge si iscriverebbe per un unione civile tra persone dello stesso sesso), con il rischio concreto di aprire la strada a pratiche come l'utero in affitto. È Maroni ad aver parlato di minacce.«Sono stato attaccato duramente e minacciato dalle anime buone della sinistra che hanno doppia morale» le parole di Maroni alla Telefonata di Maurizio Belpietro su Canale 5. «È la posizione ufficiale della Regione Lombardia» spiega il presidente, sostenendo la piena legittimità della scelta di illuminare il palazzo per supportare il Family day. Maroni pone anche una questione di par condicio e chiede perché mai a lui sia riservato un trattamento diverso rispetto a quell toccato al sindaco di Milano, che ha deciso di illuminare Palazzo Marino a favore della manifestazione gay di sabato scorso. «Ma perché io non posso fare questo e Pisapia, che ha illuminato la facciata del Comune con i colori arcobaleno della manifestazione di sabato può farlo?».Non solo, il presidente della Regione ricorda anche un caso che in queste ore accende il dibattito: l'intervento esplicito della presidente della Camera, Laura Boldrini, in difesa del ddl Cirinnà e della stepchild adoption: «Perché la Boldrini, presidente della Camera, si schiera apertamente per le adozioni gay e può farlo e io no? È la solita ipocrisia della sinistra». Maroni ha anche spiegato di voler difendere la Costituzione italiana («detta da un leghista può sembrare una cosa particolare»). «La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio» recita l'articolo 29 della Carta. Commenta il presidente della Regione: «Sono per i diritti di tutti, ma la famiglia, così come intesa dalla Costituzione, dalla nostra storia, è un'altra cosa. Io difendo la nostra civiltà. Se due vogliono stare insieme benissimo, ma non possono pensare di adottare un figlio perché i bambini non possono avere genitore 1 e genitore 2. Devono avere mamma e papà».A criticare Maroni, e anche il presidente del consiglio regionale, Raffaele Cattaneo, minacciando addirittura di disertare i lavori, arriva anche Umberto Ambrosoli.

«Chiediamo un chiarimento politico, disposti a disertare i lavori delle commissioni finché non sarà fatta chiarezza sull'utilizzo improprio della sede istituzionale, con la scritta luminosa pubblicata sulla facciata» dice Ambrosoli a nome del Patto Civico. E critica Cattaneo perché non avrebbe reagito «all'imposizione della giunta», «avallata senza minimamente coinvolgere i rappresentanti delle forze politiche che vivono l'assemblea del Pirellone».

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