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Il menù Sgarbi, originale e convincente

Per quanto è possibile giudicare sulla carta (ma le mostre, come le partite di calcio, si giudicano sul campo non in base alla formazione annunciata) il programma presentato lunedì dell’assessore alla Cultura Vittorio Sgarbi appare articolato e convincente. Ben mescolata, in particolare, sembra la percentuale di mostre doverosamente commemorative (come la serie dedicata al Futurismo) alla percentuale di mostre non obbligatorie, ma, dal punto di vista artistico, ugualmente importanti.
Tra queste segnaliamo quella di Hopper che, se condotta come tutto lascia pensare in collaborazione col Whitney Museum di New York, sarà una vera bomba. Di mostre di Hopper, in Italia, ce n’è stata una di opere su carta al Pac di Milano nell’82, e ne è prevista una di sole riproduzioni, puramente didattica, al Meeting di Rimini di quest’anno. Quella preannunciata a Milano sarebbe dunque la prima antologica completa del pittore americano, tra i maggiori del XX secolo. Ma di successo si preannuncia anche la mostra su Tamara de Lempicka, che a Milano tenne una storica personale alla Bottega di Poesia negli anni Venti. Artista ignota, ma conosciutissima (quanti poster che riproducono le sue opere abbiamo visto in questi anni?) rappresenterà una piacevole occasione di approfondimento. E, ancora, significative sembrano la mostra monografica su Bramante e Bramantino, quella tematica su arte e follia.


Speriamo però che, accanto alle grandi mostre, ne siano previste alcune dedicate agli artisti specificamente milanesi o comunque attivi a Milano. Che sono tanti, e appunto per questo poco considerati. Va bene non essere troppo campanilisti, ma Milano ha sempre esagerato in senso opposto.

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