«Meno tasse? Niente magie Ma potremo agire sull'Irpef»

L'assessore: «Benefici per 150mila. Il vero problema è che sui carichi fiscali i Comuni contano troppo poco»

Federica Venni

Sul rapporto con il governo Gentiloni è tranquillo, perché «nessun esecutivo può fare a meno di Milano». Sulle risorse per le periferie è ottimista, un po' meno su un eventuale abbassamento delle tasse: ieri è stata annunciata una piccola riduzione della Tari, ma per ora nulla di più. Perché «nessuno ha la bacchetta magica». E l'assessore comunale al Bilancio Roberto Tasca non è, per sua stessa definizione, «uno da colpi di scena».

Vuol dire che i milanesi devono rassegnarsi ad essere il bancomat di mezza Italia?

«Una premessa: per quanto riguarda il carico fiscale dei cittadini, i Comuni hanno un ruolo marginale. Il vero tema è questo».

Si può intervenire sull'addizionale Irpef. Il sindaco Sala in campagna elettorale aveva annunciato un innalzamento delle soglie di esenzione...

«Lo faremo, la spesa preventivata di circa 30 milioni può essere sostenibile. Ne beneficeranno circa 150mila cittadini».

Nell'era Moratti, però, l'addizionale era stata azzerata

e la giunta Pisapia l'ha riportata alle stelle...

«Servirebbero, come ha detto più volte Stefano Parisi, 180 milioni. È pura utopia: dal 2011 in poi i trasferimenti da Roma sono drasticamente diminuiti e questo rende impossibile una simile operazione nella cornice di un bilancio in ordine. Sono un cittadino milanese, è nel mio interesse far pagare meno imposte, ma anche far quadrare i conti e garantire i servizi».

E i tagli alla spesa pubblica?

«Certo, l'efficienza è un altro tema: per arrivarci, da una parte si dovrebbe investire a medio termine sui processi operativi e sui sistemi informativi e dall'altra bisognerebbe risparmiare sul capitale umano. Ma il Comune ha anche una funzione sociale e io, anche per la mia sensibilità politica, non posso lasciare i dipendenti a casa dalla sera alla mattina».

La sua omologa Francesca Balzani, durante le primarie del centrosinistra, aveva promesso di battersi affinché Milano potesse trattenere maggiori risorse. Più autonomia fiscale, in sostanza. È d'accordo?

«Non credo che la soluzione sia una maggiore autonomia fiscale della città. Credo però debba esserci una ridefinizione delle responsabilità. Non deve passare il messaggio che i comuni più ricchi e che funzionano meglio possano mantenere i più deboli, altrimenti questi ultimi non saranno mai incentivati a fare meglio. Diciamo che oggi i meccanismi perequativi incentivano poco l'efficienza. Bisogna ragionare perciò non solo in termini di capacità fiscale, ma anche di costi standard. Vogliamo stimolare il governo in questo senso».

Mercoledì il nuovo ministro per la Coesione De Vincenti ha ribadito che i fondi del «patto per Milano» per le periferie ci sono. Sembra una pezza messa da Palazzo Chigi dopo che, con la disfatta di Renzi, ha lasciato la città un po' in disparte...

«Non credo proprio, nessuno può dimenticarsi di Milano. I soldi arriveranno».

A proposito di «coesione», molte città, soprattutto al Sud, hanno realizzato grandi interventi di urbanistica con i fondi dell'Unione Europea.

«Milano fino ad ora ha beneficiato troppo poco di questi finanziamenti. Ed è proprio per questo che stiamo predisponendo una task force che si occupi di monitorare i bandi e presentare domande e progetti in tempo per avere i fondi. È una delle nostre priorità, insieme alla riattivazione del Fondo di Sviluppo Urbano avviato dall'assessore Balzani».

Tornando alle periferie e ai 356 milioni necessari per realizzare quanto promesso dal sindaco, parte degli interventi dovrebbe anche essere finanziata dalla cessione delle quote che Palazzo Marino ha in Serravalle. A che punto siamo?

«L'operazione va fatta preservando i conti della società. Realisticamente entro il 2017».

Un altro tema all'ordine del giorno è la dismissione degli immobili del Comune...

«Al momento stiamo effettuando il censimento.

Una volta completato si dovrà agire in un'ottica di valorizzazione: vendo un immobile per poterne ristrutturare un altro da mettere a disposizione della cittadinanza. In questo senso, quanto fatto in questi anni con la Galleria Vittorio Emanuele è un esempio da seguire».

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